giovedì 18 febbraio 2016

Sciacca.

Manco dalla Blogosfera da parecchio tempo e ho tanti post da recuperare, but anyway, intanto scrivo qualcosa. Una settimana addietro circa sono stata a Sciacca a vedere i famosi carri di carnevale. Come tante altre volte, il viaggio è stato molto entusiasmante grazie alla compagnia e una volta arrivata l'entusiasmo non si è spento, nonostante mi aspettassi di assistere ad uno spettacolo più grandioso e bello, detto onestamente. Belli i carri eh, alcuni più di altri, ma erano una manciata. Pensavo fossero di più, la calca era assurda, eppure non c'è stato tempo né spazio per la delusione o l'acidità. Troppa allegria nella compagnia, troppo amore in quegli occhi scuri ogni volta che mi sfioravano, troppi sorrisi... non si poteva mettere il broncio. E poi ci ho guadagnato un torroncino nocciole e cioccolato fondente che solo a ripensarci ho la bava alla bocca.

Passi carrabili fai da te. Lo "scarrozzo" si può intuire cosa sia, io immagino che provenga dal siciliano "scarruzzuliare", ossia andare in giro. Anche sinonimo di "tambasiare": perdere tempo andando in giro a fare niente.



Sciacca mi ha lasciata perplessa e meravigliata. Il poco che abbiamo girato in cerca di parcheggio somiglia vagamente a delle montagne russe: ci sono strade con pendenze assurde, ti può facilmente capitare di camminare su di un marciapiede e ritrovarti il quarto piano di un palazzo ad altezza spalla mentre suoni il campanello del palazzo di fronte. Se lasci cadere un'arancia, una mela e un kiwi a monte a valle ti ritrovi la macedonia quasi fatta.








 


Tanti colori, tanti odori... soprattutto di sosizza arrustuta (pardon, salsiccia arrostita), meusa (milza) e stigghiola (intestini). Non mangio niente del genere, non sono le grigliate che preferisco, ma l'odore era gradevole... forse dipende dal fatto che si respirava aria di festa. E che avevo un chilo di cioccolata nello stomaco e la mano stretta nella sua.

La stessa mano che ho più volte stretto a san Valentino, in quel ristorante. Il primo san Valentino che festeggio, più che altro perché era una scusa per stare con lui e mangiare quella che considero la miglior pizza della zona. Non ho foto da mostrare di quella sera diabetica, posso solo ammettere che c'è stata e che per me avere lui al fianco significa molto. Questa cosa mi terrorizza, ma non mi lamento.

mercoledì 3 febbraio 2016

Angolo libro 2016: Gennaio.

Hola!
Nonostante i ridotti tempi dedicabili alla lettura, tra amici, fidanzato, ricerca lavoro e casalinghe disperate (no davvero, sono una pessima casalinga, poi un giorno magari racconto) sono riuscita a completare la lettura di due libri e a iniziarne un terzo.

La prima lettura dell'anno è stato un thriller poliziesco di fattura italiana: Il suggeritore di Donato Carrisi e posso dire senza alcuna remora che lo adoro, quasi quanto ho adorato Pierre Lamaitre. Il racconto si apre subito con l'accompagnamento del profiler Goran Gavila nel sito di un singolare ritrovamento: sei buche contengono altrettante braccia, appartenenti a sei bambine scomparse nel giro di un mese. In seguito alla scoperta che una delle bambine non è stata dichiarata scomparsa, viene invitata a unirsi al gruppo di profiler di Gavila una poliziotta esperta nella ricerca di minori scomparsi, Mila Vasquez.
La ricerca dei corpi delle povere bimbe porta però la squadra (Goran, Mila, Stern, Sarah Rosa e Boris) a scoperte sempre più inquietanti e criminose, come la consapevolezza che la bambina sconosciuta è ancora viva. Ogni volta che un cadavere viene rinvenuto, sbuca fuori anche una storia orribile sepolta e mai scoperta: ad esempio, perché il primo cadavere viene trovato per caso nel bagagliaio di un uomo dalla vita apparentemente perfetta? Perché l'uomo perfetto (marito perfetto, lavoro, beneficenza, rapporti coi vicini, tutto lindo) in realtà nascondeva una doppia vita nel Lato Oscuro. Come è morto davvero il bimbo nell'orfanotrofio ormai chiuso dove è stato trovato il secondo cadavere? Perché un altro cadavere nel giardino di un riccone in mezzo a tanti cadaveri più antichi? E via dicendo. Ogni ritrovamento porta alla scoperta di altri crimini irrisolti o di cui non si sapeva neanche l'esistenza. Il colpo migliore è l'ultimo: un cadavere viene trovato nell'appartamento dove la squadra si riunisce per lavorare sul caso. Da quel momento si dubita di tutti perché il serial killer, che loro hanno soprannominato Albert, ha insegnato loro che dietro la facciata di chiunque può esserci del marcio e che per quanto lo si nasconda, prima o poi verrà fuori, alla luce.
Pieno di colpi di scena e di dettagli, ben pensato e ben scritto, solo a volte (soprattutto all'inizio) l'ho trovato un po' lento (ma più si va avanti e più si vorrebbe scoprire, non so se per curiosità o perché la lentezza sprona a correre) oppure troppo veloce; per chi, come me, ha visto centinaia di film e telefilm su profilers e serial killer, le deduzioni del suo protagonista hanno senso e logica, sono teorie su cui ci si poteva arrivare da soli, ma mi sono resa conto che per chi non è abituato a leggere o vedere in questa ottica allora potrebbe risultare un po' faticoso capire, oppure ci si confonde (in fondo è questo che trovo affascinante: come un piccolo dettaglio, che sia la posizione di un arto, o le condizioni di un luogo, possano raccontare la personalità e le intenzioni intime di un altro essere umano, che pur ragionando in termini socialmente inaccettabili ha comunque la sua logica e la sua natura umana). Questo è quello che insegna un thriller ben fatto, come le persone che commettono delitti orribili non sono mostri e non sono necessariamente malati di mente, sono comuni esseri umani.
Inoltre manca di una ambientazione generale. Non si nomina una città, stato o regione; ho fatto fatica ad ambientarmi all'inizio, proprio per la mancanza di coordinate e peculiari prospettive. Questa "mancanza" viene però colmata da descrizioni brevi ma efficaci.
L'unica cosa che proprio non mi è piaciuta di questo gran libro è l'uso di una sensitiva riguardo una parte del caso. Non lo so, forse non aveva idee migliori per risolvere quella parte del mistero? Voleva aggiungere qualcosa di esoterico o soprannaturale per aggiungere qualche nota mistica al male? Non lo so, ma mi sono un poco sentita presa in giro e ho sperato fin da subito che la medium fosse complice di uno dei killer; mi sarei accontentata anche di scoprire che la donna si era inventata tutto. Alla fine però ne è uscito bene, non dico come.
Tutto ruota e tutto torna, a volte percorrendo strade che non mi sarei mai aspettata. Leggere per credere.


Seconda lettura, data principalmente dal fatto che non ho saputo resistere alla tentazione di un libro a cinquanta centesimi (adoro i mercatini dell'usato!), è stato Il diario di Bridget Jones di Helen Fielding e posso dire, in assoluta prima volta, che ho preferito il film al libro. Ci sono alcune differenze nella trama qui e là, ho trovato entrambe le versioni (cartacea e pellicola) accettabili per essere una commedia romantica. Daniel è orribile e detestabile, esattamente come nel film e ho trovato divertente che nel libro, ad un certo punto, venga citato l'episodio in cui Hugh Grant venne beccato mentre si trovava in una via pubblica in compagnia di una discinta prostituta (p.s.: per chi non lo sapesse, Daniel fu interpretato proprio da Hugh Grant). Mark Darcy nel libro è molto più antipatico che nel film, ma ormai l'idea di Mark Darcy è strettamente legata all'immagine di Colin Firth, ne deriva che non potevo fare altro che adorarlo.

Persino quei ridicoli maglioni gli stanno bene!
 
Altra curiosità: pare che l'autrice si sia ispirata ai personaggi di Orgoglio e pregiudizio (il cognome di Mark, la famiglia incasinata di Bridget, soprattutto per quanto riguarda l'insopportabile mamma di Bridget/Elizabeth, il casino che combina uno dei suoi familiari e che il Darcy del caso va a risolvere); ebbene, nella miniserie della BBC datata 1995 su Orgoglio e pregiudizio, Fitzwilliam Darcy è interpretato da Colin Firth.


Bridget, oltre a essere la solita pasticciona con scarsa fiducia in se stessa e la fissa per dieta, alcool e sigarette, nel libro è un piagnisteo continuo che si alterna a momenti di assoluta euforia e l'attaccamento a qualunque teoria mistica, filosofica, dietetica e quant'altro. Non so, il suo personaggio nel libro non mi convince molto, mentre nel film mi dibattevo tra la sconfortante sensazione di somigliarle un po' e l'incitamento.
Un altro dettaglio che mi ha fatto piacere più il film che il libro è la cazzutissima battuta finale di Bridget a Daniel, quella con cui lei si licenzia in seguito al tradimento di lui.

"Ma se restare qui significa ritrovarmi a dieci metri da te, francamente preferirei andare a pulire il culo a Saddam Hussein!"

* 92 MINUTI DI APPLAUSI*

Ritorno in me. *schiarisce la voce... schiocca le dita*
Tutto qui, per quanto riguarda le mie letture. Quando ho finito il Diario avrei voluto leggere qualcosa di impegnativo ma ahimè era l'una di notte e avere l'insonnia non mi giustifica dal fare casino nel bel mezzo del sonno altrui scavando rovinosamente nella mia accozzaglia di libri. Sicché ho ripiegato su un vecchio romanzo di mia madre, qualcosa che non leggevo da quattro o cinque anni e che ogni tanto, nelle settimane passate, si è presentato tra i miei pensieri. Ma è decisamente presto per parlarne.
Lascio questo post nelle mani della programmazione di Blogger sperando di non aver fatto casini.
Au revoir!