sabato 19 dicembre 2015

Give me a reason.

Give me a reason to turn and run
Give me a reason to burn this house down
Give me a reason, I wish you would
I wish you would, wish you would

Give me a reason for a disaster
and I'll be happy ever after
Give me a reason, I wish you would


 

Soltanto poche parole, tanto per dire: sono viva, sono ancora qui. Solo che sono persa in un vortice di cose nuove e non ho ancora imparato a nuotarci.
Il tipo di cui ho parlato qui una volta mi sta cambiando, mi rendo conto di essermi "ammorbidita"... Certo, ci sono ancora piccole cose che mi mandano al manicomio (parcheggiatori abusivi, politica in generale, "a me mi", "andare in *nome città", birra analcolica, jeans coi risvoltini, pregiudizi, sentenze e via dicendo), ma mi ha smussato gli angoli. Piace a me e ai miei amici e stento ancora a credere alla mia fortuna. "Io" e "fortuna" nella stessa frase affermativa, incredibile. Eppure non mi ha mandata a fanculo neanche quando, un paio di settimane fa, mi ha teso un'imboscata dicendomi quelle due parole di complessive cinque lettere e io ho reagito come un coniglietto di fronte ai fari abbaglianti della jeep di un cacciatore. Non so se avete presente il telefilm One Tree Hill, quando Peyton dice finalmente a Lucas che lo ama e lui risponde "Ohu" prima di scappare. Ecco, io precisa.



I can only do so much
and of course it's never enough
I don't think that you see
exactly what you're doing to me
Don't speak...

giovedì 3 dicembre 2015

2015 Reading Challenge: Novembre.

L'aggiornamento di novembre è l'ultimo che scriverò nel 2015 e mi sembra così strano... che un altro anno sia praticamente trascorso, che sta per travolgermi l'ennesima ondata di disagio che sempre mi perseguita in questo periodo... O forse potrebbe essere diverso stavolta? Non lo so, quello che so è che sto decisamente divagando.
Questo appuntamento è abbastanza breve, perché a causa di viaggio e impegni vari, a novembre ho letto un solo libro. Anzi, riletto. Già, regno incontrastata su Pigrolandia.

Ho già parlato di L'anima del male di Maxime Chattam qui quasi quattro anni fa. Mi sembrava meno, onestamente. Nel frattempo però i miei gusti sono all'incirca gli stessi e confermo che dal titolo e dalle premesse mi aspettavo qualcosa più thriller e meno scientifico, però ho apprezzato di più tutto il lavoro da profiler. E mi ha fatto riflettere sulla Divina Commedia: è implicata qui, in una puntata di CSI, in una di Criminal minds e mi pare di ricordare di averne letto anche in un paio di altri libri; perciò mi sono chiesta quanti altri pazzi ha potuto ispirare l'incubo di un solo uomo vissuto settecento anni fa. Domanda retorica, ovviamente.
Così ho segnato il punto 6, un libro scritto da qualcuno con meno di trent'anni (il libro è del 2002, all'epoca l'autore aveva 26 anni), e il 46, scritto da qualcuno con le mie iniziali, M.C. Lui ha pubblicato con uno pseudonimo e nel mio piccolo spazio pubblico tramite pseudonimo. Tanto per sottolineare l'ovvio. Tanto io e Maya siamo esattamente la stessa persona... e trovare un autore con le mie iniziali registrate all'anagrafe non mi è riuscito.

Per la verità, a gennaio pensavo che in questo periodo avrei segnato più punti degli attuali, oppure molto meno (tipo una decina). Quindi sono sia contenta che scontenta dei miei risultati. L'ansia del periodo festivo mi sa che ha già colpito...

Ormai per questo progetto manca solo un mese e poi dovrò tirare le somme (ed eventualmente trovare un sostituto per il nuovo anno). Vedremo.

lunedì 23 novembre 2015

Coming home.

Sono sparita dalla blogosfera senza fiatare, eppure sono mancata per intere settimane... Ne ho di cose da recuperare, qui e non solo.
Per la laurea della mia migliore amica sono andata a Parma per una settimana, ho vissuto con lei e di riflesso ho vissuto tutta l'ansia, il nervosismo, l'adrenalina, persino l'angoscia dovuti a questo importante traguardo della sua vita. Mi sono ritrovata così piena di orgoglio di lei che sono rimasta per giorni in attonito silenzio, incapace di esprimere la misura del mio affetto e l'entità di quell'orgoglio. Ma lei è la mia migliore amica e persino in un periodo così pieno di cose enormi lei mi ha visto. Lei non si limita a guardarmi, lei mi VEDE. Mi vede e capisce quello che vorrei dire e non so come fare, intuisce quello che sento, io la guardo e so con certezza che lei lo sa, che ha capito. Riesce sempre a cogliere quello che c'è dietro i miei modi alquanto rudi, a volte burberi. E per l'ennesima volta ha saputo cogliere qualche piccolo indizio dal mio comportamento, svelarlo e discernere correttamente il momento della consolazione e il momento della predica. Se mi fermo a pensare, credo sia l'unica persona capace di farmi una predica senza che io reagisca con polemica o con azioni bellicose.
Lei è mia sorella. Famiglia diversa, sangue diverso, ma sono davvero determinanti queste cose prese così, come semplici etichette? Non è tutto quello che si crea dietro l'etichetta ad essere davvero importante?
Quando una sera mi ha detto "Se scopro che hai bisogno di qualcosa e non mi hai detto niente mi incazzo. Tu sei qui perché IO ti ho fortemente voluta qui. Tu sei di famiglia" c'è mancato poco, davvero poco, per sciogliermi in lacrime.

Quindi il rientro a casa non è stato semplice, dopo settimane non sono ancora con i piedi per terra.
Lei se la cava, devo cavarmela anche io.
Riprendo la mia vita, devo almeno tentare... iniziando magari da qualche foto, dal recuperare qualche post arretrato qui e là e organizzare uscite.

Non so come hanno fatto le mie Converse tarocche a restar bianche per tutta la trasferta. Anche se ho pestato montagne di foglie secche e umide.
Parco della Cittadella. Meraviglioso.        
Uno scorcio di città. Quant'è bello andare in giro in bici senza rischiare la vita!
Parco Ducale, anche questo bellissimo. La nebbia lo rende nostalgico ma non tetro, solo tranquillo.
Laghetto al Parco Ducale con tanto di paperelle e pescetti da 15 kg cadauno.

martedì 3 novembre 2015

2015 Reading Challenge: ottobre.

Mese ricco, questo ottobre, di letture. Anche di notizie, non tutte buone, altre proprio no. Ma, hey, basta tirare avanti, no?
Quindi dicevo, tante letture, tanti punti. Ché ormai i mesi del 2015 stanno finendo e mi mancano ancora tanti punti, soprattutto alcuni che personalmente sono più ostici. Ma comunque, amunì chi aio prèscia (ndr: e dai che ho fretta).

Grazie a Credimi, sto mentendo di Mary Elizabeth Summer ho segnato il punto 4 (libro pubblicato quest'anno), 28 (un libro avente antonimi nel titolo, io ho inteso la sovrapposizione di credere-mentire, se così non fosse prego i letterati di non volermene troppo) e il 31 (libro con cattive recensioni). 
Julep Dupree è la ragazzina intraprendente protagonista del romanzo, un'imbrogliona di professione come il padre. Cito:
Per i novellini là fuori, un imbroglione è una persona specializzata nel vendere alla gente qualcosa che non esiste.
Già all'inizio è alle prese con uno dei suoi lavori e coinvolge fin da subito col suo modo leggero e colorato di esprimersi, anche se a volte si contraddice. Ad esempio:
Giuro che non riuscirò mai a capire come i miei clienti riescano a mantenere un segreto, visto che con il linguaggio del corpo gridano al mondo intero "Guardatemi! Sto per compiere un crimine efferato!". Immagino sia vero quel che dicono i francesi: la fortuna aiuta l'innocente. Per fortuna mia, aiuta anche i moderatamente disonesti.
Ma del resto è una ragazzina, non mi aspettavo che fosse chissà quale esempio di coerenza e maturità. Al termine del caso in apertura, torna a casa e trova tutto sottosopra. Qualcuno ha frugato in casa sua, suo padre non c'è e tutti gli indizi che riesce a trovare sono una pistola scarica e uno strano biglietto che dice "Attenzione al campo dei miracoli". Da lì una serie di bizzarri indizi alla ricerca del padre scomparso, aiutata nelle indagini dal suo migliore amico Sam (da cui si può trarre l'insegnamento e la rassicurazione che tutti, anche le persone discretamente intelligenti, possono essere molto stupidi a volte: lei non si accorge che lui la ama) e dall'affascinante "golden boy" della scuola Tyler, che si interessa a lei e la aiuta, pur sapendo che nella faccenda è coinvolta la mafia, attraverso molotov, inseguimenti e sparatorie. Lui è interessato, ma lei? La risposta nella citazione che segue:
Non sarei la prima a rimanere conquistata dal fascino sottile di Tyler. Ma solo un'idiota si prenderebbe una cotta per lo stesso ragazzo a cui tutte sbavano dietro. E poiché non sono neanche lontanamente un idiota, nell'immediato futuro non riconoscerò mai che il mio cuore sta sudando e la mia fronte sta battendo all'impazzata. Ehm... qualcosa del genere.
Avevo dei dubbi se segnare o meno il punto sulle cattive recensioni perché c'è una notevole differenza tra le recensioni italiane che ho letto (quasi tutte positive, altre molto lusinghiere) e quelle in inglese (quasi tutte negative). Alla fine ho scelto di segnarlo, ma questo punto per me è sopravvalutato e inutile: ognuno ha le sue opinioni e i suoi sentimenti, perciò su uno stesso libro si possono avere pareri discordanti. Semplicemente a qualcuno piace e ad altri no. A costo di perdere simpatie, ammetto che una volta ho provato a leggere Harry Porter e l'ho abbandonato quasi subito visto che non mi piaceva; eppure milioni di persone lo amano. Un'opinione personale non conta nulla, o poco più.
Tornando sui miei passi, la mia opinione su questo libro? Scorrevole, molto carino, poco impegnativo, non stupido né perfetto. Per passare il tempo va benissimo. Solo un dettaglio del finale non mi è piaciuto e mi ha storto la giornata: ma perché ammazzare un personaggio in modo così improvviso e senza motivo? Direi che ci sono rimasta male, non me lo aspettavo e non ho capito perché l'autrice l'ha fatto (se non per il solo motivo, appunto, di mettere un colpo di scena chiantato a muzzo, ossia messo a caso nel bel mezzo di qualcosa). Per di più ero in un periodo dove necessitavo distrazioni e leggerezza, soprattutto dopo i sentimenti intesi dati dalla trilogia di Cassandra Clare, invece mi sono ritrovata per morto un personaggio che mi piaceva. Leggendo un thriller è normale che qualcuno ci lasci la pelle, ma che cavolo! Non volevo leggere di morte! Posso leggere almeno un libro dove qualcuno non muore male?! Non voglio essere costretta a leggere un libro di Fabio Volo, oh. Sarebbe troppo crudele.

La seconda lettura del mese è stata Resti mortali di Laurell K. Hamilton, con cui non ho segnato nuovi punti. Mi andava di rileggerlo (la prima lettura risale a qualche anno fa, suppongo che in quella settimana avessi bisogno di rassicurazioni, visto che ho letto qualcosa di cui conoscevo già il contenuto) in maniera del tutto slegata alla sfida e l'ho fatto. Per lo meno nessuno dei buoni stavolta è finito male. Intoniamo insieme un alleluia... ALLELUIA!
Grazie della partecipazione.
Questo è il secondo libro di una saga ancora in corso che conta più di venti libri, dove i  vampiri vivono la notte a contatto con gli umani, la protagonista è Anita Blake, risvegliante a pagamento di defunti, collaboratrice della polizia soprannaturale e cacciatrice di vampiri amorevolmente chiamata La Sterminatrice. In questo capitolo un riccone vuole assoldarla per risvegliare un defunto molto antico, cosa che richiede un sacrificio umano, quindi lei rifiuta. Nel frattempo indaga con la polizia su una serie di brutali omicidi. Le due cose sono collegate ma non vi dico altro. Fate voi.


Terza lettura del mese è il libro per bambini e ragazzini Parlare a vanvera dell'italiana Bianca Pitzorno (noto solo adesso che si tratta del primo autore della mia nazione di cui ho letto qualcosa quest'anno, binirica!*), che mi ha portata a segnare i punti 8 (un libro comico) e 12 (un libro di racconti brevi).
Questo libriccino contiene una serie di piccoli racconti umoristici sull'origine di alcuni detti, storie inventate sul perché si dice "Fare orecchie da mercante, inghiottire il rospo, scendere a patti, avere la stoffa del campione, mangiare la foglia, piangere a dirotto, parlare a vanvera, filare all'inglese, fare i conti senza l'oste, rompere gli indugi". Una lettura molto leggera e rilassante.

*binirica in siciliano è un'intercalare o un'esclamazione con molti usi, ad esempio sorpresa, indice di esagerazione oppure di incredulità; un poco come minchia, ma meno efficace.

E infine, sempre in ordine cronologico di lettura, è stata la volta di un manga, il primo volume di Noragami, di Adachitoka (nome d'arte di Adaki e Tokashiki). Così ho segnato i punti 40 (fumetto/manga/graphic novel e come lo volete chiamare liberi tutti) e 49 (un libro basato o trasformato in un telefilm, dal manga infatti hanno tratto un anime a puntate). La storia si basa su Yato, un dio minore "a domicilio": hai bisogno di aiuto? Chiamalo, paga qualche spicciolo (soldi che Yato accumula per potersi costruire un santuario) e lui risolverà il problema. Non proprio originale come idea ma carino, i disegni mi piacciono molto, così anche molti dialoghi. Staremo a vedere se avrà seguito questa nuova avventura nel mondo dei manga.
E comunque ora lo chiamerei volentieri, ma vabbè, questa è un'altra storia e non ho voglia di raccontarla.

Mi rituffo in un altro libro senza convenevoli. Oggi la mia soglia di socialità è talmente tendente allo zero da essere inesistente.

martedì 27 ottobre 2015

S.O.S.: estranei, matrimonio, panico.

Pensavo di essere migliorata nelle interazioni sociali, anche quelle casuali destinate a non avere seguito. Invece pare di no.
Accompagno mia madre in chiesa a vedere la cerimonia di matrimonio di una conoscente, persona che conosce anche mia zia e che di conseguenza abbiamo incontrato nell'attesa della sposa. Insieme a mia zia ci sono altre persone che non ho mai visto, parlavano in continuazione di cose che io ritengo superficiali ma che questo genere di persone prende molto seriamente. Ad un certo punto, mia zia mi fa una semplice e innocua domanda di circostanza e vedo tutto il gruppetto che all'unisono, perfettamente in sincrono, si volta verso di me. Mentre avevo improvvisamente gli occhi di tutti addosso, ho perso momentaneamente l'uso della parola. Un momento di vuoto e silenzio anche dentro la mia testa, poi il pensiero "Ma perché queste qui si devono fare i fatti miei? Chi le ha mai viste? Non le voglio conoscere" e così ho risposto con una parola a mia zia, a quella e ad altre due domande. Al che, mia madre si è sentita in obbligo di parlare dei miei problemi di salute e credo proprio che il mio sguardo assassino avrebbe intimorito tutti, facendo persino arretrare qualcuno, ma per la fortuna di tutti le lenti degli occhiali da sole lo hanno nascosto. Poi mi hanno mollata per tornare a chiacchierare delle loro facezie tra di loro, io ho abbandonato mia madre al suo destino, nonostante le sue proteste, e sono scappata per rifugiarmi in macchina ad ascoltare musica metal.

A quanto pare non sono ancora pronta ad abbandonare la mia zona di comfort.

Un po' di tempo dopo ho avuto una specie di attacco di panico... C'è questo ragazzo, con cui parlo molto ogni giorno, ogni tanto usciamo insieme da soli e in ogni caso parliamo molto, di tante cose e, oddio, quante cose di me ho rivelato! Non è da me! Ma cosa è da me, in fondo? Evitare ogni situazione potenzialmente rischiosa, o mandare all'aria relazioni che promettono di diventare qualcosa di più. E adesso c'è lui che mi parla di cose serie, dei motivi per cui con altre non è andata e io continuo a pensare che non è possibile essere così perfetti, così giovani e così ragionevoli. E che finirò per essere soltanto l'ennesima delusione che racconterà a qualcun altra. Ha un anno in meno di me e ha già progetti sul futuro e un'idea piuttosto precisa su come sarà il suo stato civile. Ecco, io fiuto qualcosa di losco, nasconde delle motivazioni poco oneste. Questo oppure sono troppo paranoica. Non può essere tanto perfetto! Non a me! Non succedono cose del genere A ME; siamo seri, quando mai. E la seppur minima, minuscola possibilità che sia onesto mi mette ansia. E poi, con tutte le volte che siamo usciti, non ha tentato neanche una volta di baciarmi o di prendermi la mano, mai! Non ci sono abituata... Vero è che non mi piacciono i contatti fisici, ma il fatto che non abbia mai tentato di baciarmi mi rode il cervello... Non è così che va di solito. Di solito lui tenta di baciarmi, se mi piace è okay, se non mi piace lo respingo: semplice e istintivo. Ma lui no e questo mi confonde. Non capisco.
Vado nel panico perché mi sento una ragazzina immatura. A sedici anni ero molto matura per la mia età, ho iniziato a vivere davvero solo un paio di anni dopo, adesso invece sembro una quattordicenne e peggio: mi ci sento. Tutto mi spaventa, non so cosa fare, non ho più le mie percezioni istintive che si rivelano esatte. Non ho più percezioni. E non sono abituata a non avere le mie percezioni, sono la mia difesa e funzionano sempre bene. La verità è che non sono innamorata di lui e se la cosa andasse avanti sarebbe la prima volta che non mi innamoro a prima vista (cioè, a prima percezione). So che non ha mai funzionato, innamorarsi a prima percezione, però 'sta cosa mi spaventa non poco. Perché ho dimenticato tutto quello che ho imparato? Perché non so più a quali segnali fare attenzione? Che diavolo faccio? Come faccio a capire se provo qualcosa per lui se non sono più capace di avere le mie sensazionali percezioni? PANICO. E tremarella. Aiuto.


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lunedì 12 ottobre 2015

The Infernal Devices.

Più passa il tempo più mi rendo conto che non sono in grado di spiegare i motivi per cui mi sono innamorata tanto della trilogia urban-fantasy The Infernal Devices, di Cassandra Clare. Ho capito però il perché i fans la chiamano amorevolmente la sadica Cassie. Caspita, se sa essere crudele! Prima di parlarne e di lasciare qualche citazione, vorrei tranquillizzare coloro che hanno letto il post precedente: ho deciso che non decapiterò il mio amico con una katana per avermi prestato i libri, anche se una katana ce la vedrei proprio bene messa in mostra sopra quell'orribile divano bianco... A quanto pare in famiglia Cents il buon gusto scarseggia ovunque. Ma basta ciance, basta tergiversare.
La saga è ambientata in una grigia, nebbiosa ed inquinata Londra del 1878, in un mondo pieno di demoni da cacciare, mondani (cioè umani) inconsapevoli, branchi di lupi mannari, stregoni che non invecchiano e con bizzarri segni distintivi (ad es. occhi da gatto, pelle blu, corna di capra, mani artigliate e via dicendo), vampiri assetati di sangue coi complessi di superiorità e/o di onnipotenza, esseri fatati di vario genere e, infine, loro: i Nephilim, nati dalla leggenda secondo cui un angelo diede da bere il suo sangue ad un uomo che desiderava proteggere il mondo dalla distruzione demoniaca dando a lui, ai suoi seguaci e ai loro discendenti, diciamo una marcia in più (più forti, veloci e resistenti).
Will, Tessa e Jem. Trovo questo disegno bellerrimo! Preso da: phantomrin.deviantart.com/

Il luogo principale è l'Istituto, che fa da ambasciata, ufficio politico e da casa affidataria per ragazzi che hanno perso i genitori. Quello di Londra è diretto da Charlotte, che viene osteggiata nella sua posizione in quanto giovane donna, e da suo marito Henry, professione inventore pasticcione. Con loro vivono: Jessamine, che è stata allevata come una mondana e sogna di sposare un umano perché odia il mondo dei cacciatori; una cuoca di nome Aghata, la cameriera Sophie (che è stata sfregiata dal suo precedente datore di lavoro, immaginate il perché), il tuttofare Thomas e, dulcis in fundo, Will e Jem.
James "Jem" Carstairs è un ragazzo gracile, gentile, buono e molto malato, William "Will" Herondale un'arrogante, sarcastico e irriverente diciassettenne che dimostra cura e affetto soltanto a Jem. I due sono amici inseparabili, nonché parabatai, ossia due cacciatori che hanno fatto un patto legandosi uno all'altro, giurando di combattere insieme e di proteggersi a vicenda, diventando più che fratelli.
Disegno di Cassandra Jean.
Usando un linguaggio poco consono, quella di Will & Jem è una "bromance" a tutti gli effetti. Non è il classico romanticismo, ma è decisamente una relazione d'amore, un'amicizia così profonda che niente può spezzare, né il caratteraccio di Will né l'amore per la stessa ragazza (la introduco dopo, per ora vorrei concludere questa riflessione). Jem non sospetta mai niente, come all'inizio neanche Will si accorge dei sentimenti dell'amico per lei, ma quando Will scopre che Jem è innamorato di Tessa giura a se stesso di negare ai propri sentimenti di emergere, che mai avrebbe fatto qualcosa per averla o per dispiacerlo in alcun modo, mai, neanche dopo che Jem sarà morto. Will sa che non sarebbe mai stato felice se fosse stato la causa dell'infelicità di Jem. Anche se Jem è molto malato e morirà entro pochi mesi o un paio d'anni, Will rinuncia ad una vita piena di amore pur di dare a Jem anche un solo giorno felice.
Quanti lo avrebbero fatto di questi tempi? Certo ci piace pensare che lo faremmo, magari ci crediamo pure, ma alla fine dei conti rinunciare alla felicità è complicato, difficile e non tutti ci riescono.
Jem e Will farebbero letteralmente di tutto l'uno per l'altro e si amano al di là di ogni possibile difetto o azione, eppure la lettura non risulta mai stucchevole o troppo zuccherosa, ha un tono molto realistico. Così realistico che persino una cinica disillusa come me ci ha creduto, ci ha sperato, ci ha messo il proprio cuore gelido e impietrito divenuto in questi tre libri tiepido e palpitante.

Disegno di Cassandra Jean, il suo sito è qui: cassandrajp.tumblr.com
Will sulla malattia di Jem (chiedo scusa, ho dimenticato di segnarmi le pagine, ho copiato solo i testi):
C'erano volte, nei momenti peggiori della malattia, che il colore gli defluiva perfino dagli occhi, lasciandoli orribilmente sbiaditi, quasi bianchi, con la pupilla nel mezzo come una macchia di cenere sulla neve. C'erano volte in cui Jem delirava. Will l'aveva tenuto fermo mentre si dimenava e gridava in un'altra lingua con gli occhi rovesciati, e ogni volta che succedeva Will credeva che fosse finita, che quella volta Jem sarebbe morto per davvero. Allora gli capitava di pensare a cosa avrebbe fatto dopo, ma non riusciva a immaginarlo più di quanto non riuscisse a rievocare e a rammentare la propria vita prima del suo ingresso nell'Istituto. E nemmeno riusciva a sopportare di pensarci troppo a lungo. Ma poi c'erano altre volte, come in quel momento, in cui guardava l'amico e non scorgeva in lui tracce della malattia, e si chiedeva come sarebbe stato un mondo in cui Jem non fosse stato in pericolo di vita. E non sopportava di pensare neppure a quello. Era come uno spazio terribilmente nero dentro di lui da cui emanava paura, una cupa voce che poteva zittire solo con la rabbia, il rischio e il dolore.

Jem, disegnato sempre da Cassandra Jean.

Già alla fine del prologo avevo una cotta per Will, ma con un bizzarro scambio di battute pochi capitoli dopo mi sono innamorata di lui e avevo già capito che questo germoglio d'amore era destinato a crescere. E infatti così è stato.
Durante un'indagine all'interno di un edificio sospetto, Will entra in una stanza dove trova una ragazza, Tessa Gray, segregata e torturata. La ragazza, che credeva di essere una mondana, aveva lasciato New York per raggiungere il fratello Nate a Londra, ma al suo arrivo viene portata via da due streghe che con la tortura le mostrano ciò che è in grado di fare realmente: prendere un oggetto e trasformarsi completamente nella persona che l'ha posseduto. Quando Tessa sente aprirsi la porta decide di reagire, afferra una brocca e la cala sulla testa dell'intruso, scoprendo che non era una strega ma un ragazzo. Il loro primo dialogo è come molti altri: vivace e dinamico, con uno sprazzo di follia, come nella citazione che segue (mentre i due scappano nelle cantine dell'edificio)

-Per l'Angelo, sembra il nono girone dell'Inferno qui sotto!- esclamò Will.
-Il nono girone dell'Inferno è freddo- lo corresse lei meccanicamente.
-Come dite?
-Nell'Inferno di Dante... il nono girone dell'Inferno è freddo- spiegò Tessa -e ricoperto di ghiaccio.
Will la fissò per un altro lungo istante, con gli angoli della bocca contratti (...) -Quanto alla temperatura dell'Inferno, signorina Gray, lasciate che vi dia un consiglio: il bel giovanotto che sta cercando di salvarvi da un destino spaventoso non sbaglia mai. Nemmeno se dice che il cielo è viola e fatto di porcospini.

Tessa, disegno ancora di Cassandra Jean.

Ecco, io già qui amavo Will. Dall'arrivo di Tessa all'Istituto inizia la storia: per qualche motivo un individuo che si fa chiamare Magister ha bisogno delle capacità uniche di Tessa per il suo piano, che consiste nella distruzione totale dei Nephilim. Per farlo, costruisce delle creature meccaniche umanoidi. Quando trovano una di queste creature la cosa dice:

Attenti Nephilim! Come voi uccidete gli altri, così sarete uccisi. Il vostro angelo non potrà proteggervi da ciò che non è opera né di Dio né del Diavolo, da un esercito che non è stato generato né dal Paradiso né dall'Inferno. Attenti alla mano dell'uomo!

Quando trovano la creatura, essa è immobile e i ragazzi pensano che sia morta...
Will: Beh, non reagisce alle mie avance perciò deve essere davvero morta.
Jem: Oppure ha buon gusto e buon senso.
Sophie e Cecily, sorella di Will, la cui improvvisa apparizione sconvolge non poco Will. Disegno di Cassandra Jean.
In tre libri ci sono tanti piccoli momenti carini o divertenti (come le storie di Will sulla sifilide demoniaca, di cui nessuno crede nell'esistenza), pieni di leggerezza e sorrisi, che bilanciano bene l'amaro di molte tragedie. Ci sono molti momenti difficili, come alcune morti, la scoperta di tradimenti, intrighi politici, sapere nel primo libro (L'Angelo) le cause della malattia di Jem (che lo costringono ad usare droga demoniaca perché senza morirebbe in pochi giorni, ma che lo uccide comunque lentamente), nel secondo libro (Il Principe) si scopre della maledizione che affligge Will e sempre qui, Will è così disperato da fare qualcosa che per la prima volta fa perdere le staffe a quel santo di Jem e gli chiede scusa in maniera così maldestra e disperata da spezzare il cuore, nel terzo libro (La Principessa) la verità sull'esistenza di Tessa. Un vortice di emozioni forti.
Non voglio dire altro, temo mie reazioni e di rivelare troppo a chi, magari, vuole leggerlo o non ha ancora finito di leggere. Perciò lascio solo qualche altra citazione, di quelle che per me hanno avuto molto peso, e qualche breve spiegazione, dove possibile, per dare almeno un'inquadrata superficiale alla scena.
Indovinate? Ancora Cassandra Jean, stavolta Henry e Charlotte. Si nota che mi piacciono i suoi disegni?

Citazioni da L'Angelo
(Tessa, mentre era rinchiusa)
Se in tutto il mondo non c'è nessuno a cui importa di te, esisti davvero?


(Tessa e Will che parlano di Thomas, il tuttofare)
-Magari è innamorato di Agatha.
-Spero di no. Agatha voglio sposarla io. Avrà pure un migliaio di anni, ma prepara una crostata impareggiabile. La bellezza svanisce, ma l'arte culinaria è eterna.


(Tessa a Will) Bisogna sempre essere prudenti con i libri e con ciò che contengono. Perché le parole hanno il potere di cambiarci.


(Will a Tessa) A volte nell'assurdo c'è molto senso, a volerlo cercare.


(Will e Jem aiutano Tessa a immedesimarsi nelle sembianze di una vampira, Camille, e potersi imbucare a casa di De Quincey, vampiro a capo di Londra, che organizza "serate con delitto" di umani e il gruppo di Nephilim sarà là in attesa, per catturare o uccidere tutti i coinvolti.)
(Will) -Camille cammina con delicatezza, come un fauno nei boschi. Non come un'anatra.
(Tessa) -Io non cammino come un'anatra.
-Mi piacciono le anatre- osservò Jem con diplomazia -Soprattutto quelle di Hyde Park (...) Ricordi quando hai provato a convincermi a dare da mangiare un pasticcio di volatili ai germani reali del parco per vedere se riuscivi ad allevare una razza di anatre cannibali?
-E loro l'hanno mangiato- rammentò Will -Piccole bestie assetate di sangue. Mai fidarsi di un'anatra.


(Durante la lotta con De Quincey, Will lo morde)
-Morirai per questo, Nephilim.
Will allargò le braccia. In ginocchio, con un sorriso da demone, il sangue che gli gocciolava dalla bocca, sembrava anch'egli a malapena umano. -Vieni a prendermi.
I fratelli Gideon e Gabriel Lightwood.
Citazioni da Il Principe
(Tessa e Will parlano di altri due ragazzi presenti nella storia, i cui disegni sono qui sopra)
-Gideon e Gabriel sono piuttosto attraenti. Per niente orribili.
-Parlavo dei recessi delle loro anime, neri come la pece- ribatté Will, in tono sepolcrale.
Tessa sbuffò -E di che colore presumi che siano i recessi della tua anima, Will Herondale?
-Color malva.


(Will riguardo i suoi sentimenti per Tessa)
A volte si chiedeva se facesse certe cose soltanto per mettersi alla prova, per vedere se i suoi sentimenti fossero spariti. Ma non lo erano. Quando la vedeva, voleva stare con lei; quando stava con lei, desiderava ardentemente toccarla; quando le toccava anche solo la mano, voleva abbracciarla. Voleva sentirla contro di sé com'era accaduto nella soffitta. Voleva conoscere il sapore della sua pelle e l'odore dei suoi capelli. Voleva farla ridere. Voleva stare seduto e ascoltarla parlare di libri fino a stordirsi. Ma erano tutte cose che non poteva volere, perché non poteva averle, e volere ciò che non si può avere conduce all'infelicità e alla follia.


(Tessa, durante un sogno, vede sua zia Harriet, che è morta prima che lei partisse per Londra)
Bugie e segreti, Tessa, sono come un cancro dell'anima. Corrodono ciò che è buono e si lasciano alle spalle solo distruzione.


(Will e Tessa parlano e Tessa gli confida che sa che lui ha preso e letto le lettere che lei aveva scritto mentre era prigioniera e che pensava fosse stata Charlotte ad avergliele date)
Will: Non l'ha fatto. Le ho tirate fuori dal fuoco e le ho lette tutte. Ogni parola che hai scritto. Io e te siamo uguali. Viviamo e respiriamo parole. Sono stati i libri a impedirmi di togliermi la vita dopo aver capito che non avrei mai potuto amare ed essere riamato da nessuno. Sono stati i libri a farmi sentire che forse non ero completamente solo. Erano capaci di essere onesti con me, e io con loro. Leggendo ciò che hai scritto, -come a volte ti sentivi sola e spaurita, ma sempre piena di coraggio, il modo in cui vedevi il mondo, i suoi colori, la sua trama e i suoi suoni- sentivo cosa pensavi, speravi, sognavi. Mi sembrava di pensare, sperare, sognare con te. Sognavo ciò che sognavi tu, volevo ciò che volevi tu... e poi mi sono reso conto che in realtà volevo solo te. La ragazza dietro le lettere scarabocchiate. Ti ho amato dal momento in cui le ho lette. Ti amo ancora.


Citazioni da La Principessa
Will: Credevo che perfino un idiota patentato come il nostro Gabriel, qui presente, se ne sarebbe accorto e ne avrebbe parlato a qualcuno. (...)
Gabriel: Io non sono un idiota patentato
Will: La mancanza di un attestato non è certo una prova di intelligenza.


-Non mi credi in grado di combattere, soltanto perché sono una ragazza- Tessa si ritrasse sostenendo il suo sguardo argenteo.
-Non ti credo in grado di combattere perché indossi un abito da sposa- replicò Jem -E, per quanto possa valere, credo che neppure Will sarebbe in grado di combattere con quell'abito indosso.
-Forse no- disse il parabatai, che aveva un udito da pipistrello -Però sarei una sposa radiosa.


(Woolsey Scott, un licantropo, capisce che Tessa è innamorata sia di Jem che di Will)
La maggior parte delle persone è già fortunata ad avere un grande amore nella propria vita. Voi ne avete trovati due.


(Magnus, uno stregone che ha già aiutato Will, gli dice, mentre Jem è a letto, morente, lì accanto)
Ti sei rivolto a me per la mia saggezza, come a qualcuno che ha vissuto molte vite e seppellito molti amori. Posso dirti che la fine di una vita è la somma dell'amore che vi è stato vissuto, che qualsiasi giuramento pensi di aver fatto, essere qui alla fine della vita di Jem non è ciò che conta. Lo è stato essere qui in ogni altro momento. Da quando lo hai incontrato, non l'hai mai lasciato e non hai mai cessato di amarlo. Questo è ciò che conta.

(Will) "Jem è il mio grande peccato" aveva detto a Magnus, e quella, adesso, era la punizione. Aveva pensato che perdere Tessa fosse la sua penitenza; non aveva pensato a come si sarebbe sentito nel momento in cui li avesse persi entrambi.
(Jem) -Will... per tutti questi anni ho provato a darti ciò che non potevi dare a te stesso.
Le mani di Will si serrarono su quelle dell'amico, che erano sottili come un fascio di ramoscelli -E cioè?
-La fede- rispose Jem -Perché eri migliore di quanto ti reputavi. L'indulgenza, perché non bisogna sempre punire se stessi. Ti ho sempre amato, Will, qualunque cosa facessi. E adesso ho bisogno che tu faccia per me quello che non posso fare da solo. Che tu sia i miei occhi quando io non li avrò. Che tu sia le mie mani quando non potrò usare le mie. Che tu sia il mio cuore quando il mio avrà cessato di battere.
(...) Will, mi fido di te al di sopra di ogni cosa, e credo in te al di sopra di ogni cosa, sicuro che, come sempre, il tuo cuore è unito al mio anche in questa circostanza. Wo men shi jie bai xiong di... siamo più che fratelli, Will. Intraprendi questo viaggio, e intraprendilo non solo per te, ma per entrambi.

E alla fine, chiudo con la citazione di una delle più belle cose romantiche che abbia mai letto (figuriamoci sentito!) e non dico chi sono i due implicati, non mi sembra molto importante il "chi":
Le dita di lui percorsero il contorno della sua bocca -Per questo mi sarei fatto dannare per l'eternità. Per questo avrei rinunciato a tutto.

sabato 3 ottobre 2015

2015 Reading Challenge: Settembre pt. 1

Ho iniziato a scrivere questo post tipo, boh, dieci volte? E se questa è la versione infine pubblicata, immaginate quanto potesse essere sconclusionata e grammaticalmente assassina una di quelle cancellate. Via, lasciamo stare i brandelli della mia reputazione... oppure, tanto per citare un libro di cui andrò a parlare tra breve "Stai insinuando che i brandelli della mia reputazione sono rimasti intatti? Devo aver fatto qualcosa di sbagliato. O non aver fatto qualcosa di sbagliato, a seconda del caso."

Ricomponiti, Maya.
Vabbbene.
Spero si possa evincere dalla premessa che le letture del mese di settembre sono state un po', come dire... sconvolgenti. Ho terminato da poco una trilogia così intesa, così carica di emozioni, che necessito ancora qualche giorno per metabolizzare il tutto. Perciò ho deciso che ne parlerò nei dettagli, comprese citazioni e disegni (non miei, tranqui!), tra qualche giorno, dopo che avrò raccolto per bene le idee, e soprattutto le avrò organizzate, e dopo che avrò deciso se ringraziare il mio amico per avermi prestato i libri oppure se procurarmi una katana per decapitarlo.
Siccome ho per vizio di mantenere la parola data, oggi come ogni mese devo postare un aggiornamento su questa sfida e allego solo l'immagine con l'elenco dei progressi.

Punti che ho segnato con la trilogia urban fantasy The Infernal Devices, di Cassandra Clare, contenente L'Angelo, Il Principe e La Principessa: n° 32 trilogia
n° 38 un libro che ti ha fatto piangere
n° 39 libro con magia.

Spendo qualche altra parolina e poi chiudo.
In questo universo esistono vampiri (cattivoni che non sbrilluccicano ma sono per lo più dei figoni, bevono sangue e sono allergici alla luce del sole), stregoni (non maghi, che s'offendono), lupi mannari, esseri fatati ma soprattutto loro, i "figli dell'Angelo", metà umani metà angeli, i Nephilim, i quali hanno il divino compito di combattere contro i demoni e proteggere l'inconsapevole umanità dalla distruzione a opera dei malvagi.
Ecco, mi fermo qui, altrimenti nel prossimo capitolo mi confondo, non so più cosa ho scritto e perdo il filo dei pensieri. Cosa che noto essere abbastanza pericolosa, data l'apertura di questo post...
Piccola parentesi: non ricordo di aver mai pianto per un libro. Sì, è vero che non leggo racconti drammatici perciò le tentazioni scarseggiano, ma neanche nei casi tristi che ho letto mi sono mai abbandonata così al pianto. Mi sono estremamente commossa in più di un punto, arrivando anche a singhiozzare in due punti. Due volte in un solo libro... O mi sono rammollita o davvero questi racconti mi hanno toccato il cuore.
Temo che la risposta sia: entrambi.



A presto! ^_^

martedì 15 settembre 2015

Break campagnolo.

In quello che ritengo un controsenso di dimensioni colossali, ho deciso di scrivere un post piccolo perché ultimamente scrivo davvero molto. Non su Blogger, intendo scrivere, diciamo, una storia di mia immaginazione. Di solito la notte tardi. O al mattino presto, dipende i punti di vista.
Ora temo che, se uscissi argomenti troppo intimi, potrei scrivere una cosa lunghissima e non mi va.
L'antefatto per queste foto è la seguente: dati i recenti avvenimenti di cui ho parlato un paio di post fa (sui circoli viziosi e il farsi del male per qualcuno che neanche sa di aver sbagliato), non potendo fare un vero viaggio fuori Italia e non potendo più resistere all'idea pressante che i curriculum che mando a chicchessia sono più inutili della carta straccia perché ho poche esperienze e nessuna conoscenza importante (e di conseguenza la mancanza di un fondo monetario o di un titolo di studi che GIUSTIFICHI la mia voglia di lavorare in qualche altra città), perciò mi sono accontentata di andare da sola per una giornata in campagna da parenti. Così, per smettere di rimuginare e di marinare nell'amarezza. Ci sono andata, come si suol dire, di panza e presenza: niente cellulare, internet, radio o altra qualsivoglia tecnologia del nuovo millennio. Ho vagato per giardini di alberi di limoni e spaventato un gallo che, ne sono sicura, col suo verso spaurito ha supplicato quella gallina di attaccarmi. Maledetta, finirai al brodo!

















 Ecco la gallina assassina. Il gallo invece s'era nascosto, il vigliacco.

giovedì 3 settembre 2015

2015 Reading Challenge: Agosto.

Avevo chiuso lo scorso aggiornamento dicendo che non avrei letto un thriller tanto presto, e ancor meno uno che prevedesse di nuovo dei bambini come vittime. Eppure, complice un guasto alla rete elettrica che ha lasciato al buio casa Cents un sabato e una domenica facendomi avere visioni mistiche alla Fantozzi (vedere QUI e poi QUA) e debolezza tale agli arti da farmi odiare la sola idea di scovare altro nel mio baule libroso, la mia lettura questo mese è stato proprio un thriller con bambine come vittime. Portando però notevoli differenze.

Ho segnato altri due punti con Susan a faccia in giù nella neve, di Carol O'Connell: il primo, libro con più di cinquecento pagine, e il 45, ambientato a Natale.
Iniziamo dalla trama: due bambine di dieci anni che frequentano l'istituto per giovani talenti St. Ursula, spariscono a una settimana da Natale: Gwen Hubble, figlia protettissima di due importanti figure politiche, e la sua migliore amica Sadie Green, un vivace esserino amante dei film horror, del colore viola e degli scherzi macabri (tra i quali uno in cui ha spaventato mezzo corpo di polizia spacciandosi per morta con una freccia insanguinata sul cuore). La vicenda della scomparsa viene data in pasto ai media come una fuga volontaria (trovano la bici di Sadie ad una fermata d'autobus), ma alla polizia ricorda altri tragici eventi: il ritrovamento, quindici anni prima, di una bambina di dieci anni, Susan Kendall, la mattina di Natale, abbandonata cadavere sulla neve e del cui delitto sconta una pena detentiva Paul Marie, il giovane prete che insegnava nel coro della chiesa e che si è sempre dichiarato innocente. Rouge Kendall, gemello di Susan, diventa detective ritrovando la bici di Sadie e facendosi coinvolgere nelle ricerche per le bimbe. Lui, infatti, non crede nemmeno per un istante che le due se ne siano andate volontariamente, così come Ali Cray, affascinante psichiatra specializzata in pedofilia e nipote di un noto psicanalista locale, Mortimer Cray. Ali è una donna determinata, intelligente, sexy a modo suo e misteriosa. Ha una cicatrice molto vistosa sulla guancia, fino all'angolo della bocca, che risulta così sempre sollevato come uno strano sorriso e nessuno sa come se la sia provocata, neanche il suo ex (Arnie Pyle, agente dell'FBI coinvolto nelle indagini). Ali, inoltre, collega il caso a molti altri simili, evidenziando uno schema terribile che dura da più di quindici anni: due bambine scompaiono a una settimana da Natale, nei primi casi una bambina veniva ritrovata in un  luogo abbastanza frequentato con evidenti segni di percosse e tortura, la morte riconducibile a poche ore dalla scomparsa (col passare del tempo, probabilmente per il miglioramento delle tecniche scientifiche, i corpi non vengono più abbandonati), mentre l'altra (la "principessina") viene ritrovata morta ma quasi illesa, proprio la mattina di Natale. Da ciò deduce che, in ogni coppia di bambine scomparse, la prima sia stata rapita soltanto per attirare l'altra, vero obiettivo del pedofilo.
Rouge, vedendo lo schema, inizia a pensare che forse l'assassino di sua sorella non sia il prete...
Parte così una lenta e complicata ricerca, soprattutto in termini psico-emotivi, con pochi indizi e tanta angoscia, sapendo di avere tempo fino alla mattina di Natale.
Ho trovato molto interessante che la narrazione fosse portata avanti anche dal punto di vista delle vittime, che per me restano le vere protagoniste del libro: Gwen si ritrova chiusa in un angusto ma confortevole bagno, dove il suo carceriere la nutre poco e con dosi di droghe per farla dormire. Riesce a scappare (ho avuto i brividi dato che ha fatto esattamente quello che pensavo avrei fatto io), ma solo per ritrovarsi rinchiusa in una cantina molto strana, col pavimento di terra, alte querce e un migliaio di diversi tipi di lampade. La piccola viene aggredita da un cane che la morde, ma a salvarla è proprio Sadie, la quale si era finta morta ed era stata seppellita nella terra dal loro rapitore (Sadie lo chiama "La Mosca", dal titolo di un film horror). Grazie alla presenza di Sadie, che la sprona e si prende cura di lei, Gwen non cede alla disperazione e alle conseguenze del morso infetto, progettando insieme un pericoloso piano per la fuga...
Giunta la mattina di Natale, non trovano nessun corpo e Ali inizia a sperare che qualcosa abbia interferito con lo schema del pedofilo e che almeno una delle due bambine sia ancora viva.

Nonostante l'orrore della situazione, l'autrice affronta tutto quasi con delicatezza, non è morbosa nel riportare i dettagli dei delitti, non sarebbero comunque servite descrizioni sanguinolente dati soggetti così piccoli, indifesi e vulnerabili...
Ci sono molti personaggi, alcuni poco descritti, altri poi abbandonati, riducendo così la nascita di sospetti in chi legge; fino alla fine non avevo capito chi fosse il mostro, è stata una vera sorpresa! La scoperta è stata grazie ad un espediente di Rouge davvero particolare, non ci stavo capendo più niente! Il finale è movimentato e il libro si chiude risolvendo tutte le faccende in sospeso (come la storia della cicatrice di Ali), con particolari che mai, mai avrei sospettato e che mi hanno davvero interdetta.
Libro consigliato!

Ho finito oggi di leggere il primo libro di una trilogia iniziando bene il nuovo mese (almeno da questo punto di vista) ma è ancora presto per parlarne qui, adesso. Avrei già tante cose da dire, intendiamoci, però credo di desiderare più spazio e tempo per farlo, senza correre il rischio di scordare qualche pensiero o di farne un'accozzaglia confusa.

Stay tuned. Or not.
That's the question, I suppose.

venerdì 21 agosto 2015

Sicilian mode: l'acqua mi vagna e u vento m'asciuga.

Tutto quello che ho guadagnato in vita mia nelle relazioni sociali è la schiena piena di coltelli che un fachiro scansìate, levate proprio. Sono comunque in piedi, malconcia magari, ma sopravvissuta. Non è eroico, è il minimo, è pelle dura e deformata. Tante volte mi hanno ferita, eppure ogni volta azzero i conti e ricomincio, altrove con altre persone ma non perdo coraggio: ci resto male per un tempo indefinito a seconda dei casi, incasso ed elaboro, e poi vado avanti, è solo un altro inizio. Le cose finiscono, si sa.
Con tutte le volte che le "cose" sono andate a male, e in così tanti modi diversi, io sono sempre la cogliona che ci casca. Vengo ferita e non mostro niente, neanche fastidio, recito così bene la parte della dura che nessuno ha mai scoperto la mia copertura. Poco dopo la ferita si cosparge di giustificazioni, tutte le possibili spiegazioni per il comportamento altrui (non ha riflettuto, sapeva come avrei reagito, si ricorda di quando, ect) e questo è il primo passo verso la fine: mi allontano, un po' per sfida, un po' per vedere se quella distanza aumenta o viene recuperata. Beh, nel 98% dei miei casi la distanza aumenta, non importa se l'altra parte non ha percepito il mio disagio, la mia ferita, il mio patetico istinto a indietreggiare per mettere alla prova le azioni altrui. Quindi a questo punto è la fine.
Basta. Chiuso. Incassare ed elaborare. Iniziare di nuovo.
Certi circoli viziosi proprio non riesco a spezzarli. Come quando faccio un progetto, ci metto tutta me stessa, magari riesco anche a metterlo in pratica e a ottenere tutto o qualcosa (che già è meglio di niente, no?) però poi sento la sua voce. Sento la voce di mia madre dentro la testa che dice Sì, però...
Sì, però... quante volte l'ho sentita dirmelo.
"Mamma, ho preso sette nel compito in classe di matematica! Mica male dopo tanti quattro"
"Sì, però se studiavi di più prendevi otto"

"Mamma, non sono arrivata in ritardo al lavoro stamattina"
"Sì, però se ti partivi prima non avresti avuto questo problema"

"Caspita, ho fatto amicizia oggi! Potrebbe essere un miracolo"
"Sì, però potevi trovarti un fidanzato"

E questo per i miei risultati positivi, per i negativi non nascondo di meritare almeno biasimo. Le prediche no, quelle mi stanno sul cazzo.
Per questo mi sento l'avvocato delle cause perse: non faccio mai le cose giuste, non faccio mai abbastanza, mi trincero nelle mie decisioni per pessime che siano, do seconde chance a chi nemmeno sa di doverne avere una. Ecco, quest'ultima inizia a pesarmi.
Perché cazzo devo essere sempre io quella comprensiva e che giustifica? Al diavolo, ora me ne sbatto i coglioni! Farò quel cazzo che mi pare, continuerò a imprecare ogni volta che mi aggrada, riprenderò a vestirmi barbone-style, vaffanculo i vestiti da signorina, solo quello che voglio!

Esempio di barbone-style, look giorno sobrio.

E chi non è d'accordo HASTA LA VISTA!
Maya sul piede di guerra, Se la gente mi infastidisce si litiga, l'altra guancia me l'hanno scartavetrata.
L'acqua mi vagna e u vento m'asciuga, il saggio proverbio siciliano riguardo il lasciarsi scorrere le cose addosso senza lasciarsi toccare. L'acqua mi bagna e il vento mi asciuga, sono qui e niente mi tocca, niente mi smuove, resto calma, come le cose avvengono così passano.


* * * * * * *
 PS: avevo dimenticato di aggiungere una canzone, la inserisco adesso.

"La verità è riprovevole poiché fa la gioia del colpevole ed io che la volevo incantevole come pioggia cado dalle nuvole"

giovedì 13 agosto 2015

La veggente Maya colpisce ancora.

Ho già dichiarato che a volte sembro una veggente, perché cose che penso poi accadono davvero, senza che io debba fare una mossa.
Stavolta è successo che, del tutto casualmente, una mattina ho pensato ad una persona che non vedevo da un anno e con cui non chiacchiero da almeno due. Parlo di Mr. X, il tizio per cui avevo una cotta stratosferica ma con cui ahimè non ho quagghiato (trad. dal siciliano: concretizzare, instaurare una relazione amorosa), il tizio di cui ho parlato così tanto che gli ho affibbiato un tag qui sul mio blog.
Una mattina di poco tempo fa, dicevo, pensavo a lui. Al sorriso che mi aveva fatta innamorare, ai film che guardavamo insieme, a quanto stavo bene quando mi abbracciava, ai silenzi imbarazzati nelle telefonate, a quanto fosse strano che di presenza parlavamo sempre in modo continuo e piacevole mentre per messaggi avevo il vuoto nel cervello e non sapevo mai cosa dire, alle risposte brevi che dava alle parole che spremevo via da me stessa, a quanto era bello passare il tempo con lui (anche e soprattutto oziare).
Non pensavo a lui da un sacco di tempo, davvero, eppure ho avuto la stessa sensazione che avevo un anno e mezzo fa: qualcosa che non so definire, come un buco alla bocca dello stomaco, un po' malinconia, un po' tristezza, un po' entrambe o forse nessuna, chissà.
Comunque, di punto in bianco qualche ora dopo, eccolo nella mia casella messaggi di facebook, dopo due anni o poco più. Ci scambiamo pochi convenevoli, poi mi ha chiesto di vederci, se potevo organizzare un'uscita di gruppo. E io, appena ho visto il suo nome, lui che scriveva il mio nome in una abbreviazione che odio eppure detto da lui non mi infastidiva, non lo ha mai fatto, ecco, io mi sono messa a sorridere quanto più fisicamente possibile, uno scoppio di adrenalina, una corrente elettrica sui polpastrelli.




Abbiamo parlato un po' nei minuti successivi all'incarico di organizzatrice che ho accettato (un'asociale che organizza un'uscita di gruppo, pare una barzelletta!), abbiamo parlato molto anche durante la cena e dopo, in giro con gli altri per la città. Si rideva, si scherzava e sembrava ancora di stare nel posto dove quel gruppo è nato, anche se qualcuno mancava. Beh sì, è stata una bella serata davvero. Il problema è che ne ho già nostalgia e che il mio cuore traditore ora desidera qualcosa che non esiste e che non possiamo avere. So bene che non ci potrà mai essere niente di serio tra di noi.
Sono una cinica veggente, non una strega.


Mark a Peyton: Sei troppo giovane per non credere che tutto andrà bene.

lunedì 3 agosto 2015

2015 Reading Challenge: luglio.

Grazie al cielo scrivo su Blogger e non mi filmo su youtube, altrimenti starei ciarlando come Ornella Vanoni, che ha la pelle talmente tirata che non parla: mugugna in modo incomprensibile. Ma non è della cantante che volevo parlare, quella cattiveria mi è uscita così. Colpa del dente devitalizzato che duole e dell'afa che destabilizza.


Questo mese ho letto due libri, grazie ai quali ho segnato due punti. Con Tutto ciò che muore di John Connolly ho segnato il punto 15: primo libro di un autore famoso. Questo è un thriller poliziesco bello da paura e il suo modo di scrivere e raccontare è intrigante, avvincente. Ci sono tanti elementi, tanti personaggi, tante storie, tanti misteri, tanti fantasmi, tante emozioni diverse e non si sa mai quale filo tirerà. Una storia che in realtà ne contiene molte altre.
L'ex poliziotto Charlie Parker, detto Bird, molti mesi dopo il brutale omicidio di sua moglie e della sua figlioletta (scuoiate e lasciate in posa, la bimba di traverso sulle gambe della madre come nella Pietà), riesce faticosamente a smettere di bere ma non desiste dal cercare ancora l'assassino, a qualunque costo; in mancanza di piste, occupa il suo tempo in altre "investigazioni", tra cui il rapimento di una ragazza la cui sorella era stata rapita e uccisa anni prima da una coppia di killer locali e la ricerca di criminali fuggiti alla libertà vigilata (uno di questi, Fat Ollie, viene ucciso in sua presenza dalla mafia). Ben presto si ritrova invischiato in altre ricerche, in un passato che non gli appartiene ma di cui si fa carico: vuole espiare parte del suo senso di colpa trovando viva la ragazza e far arrestare i colpevoli degli altri omicidi. Non sarà facile: mentre la cerca, si imbatte in una serie di cadaveri, in particolar modo di bambini seviziati e uccisi; a tutto ciò si aggiungono varie famiglie di mafiosi, una santona creola di New Orleans con le visioni (una riguarda una ragazza morta che si trova in fondo ad un bayou, non è mai stata trovata e di notte la sente piangere; attira Bird perché riporta le stesse ferite di sua moglie, particolari non diffusi alla stampa) e altri omicidi che prevedono la messa in posa dei cadaveri che tengono le redini della propria stessa pelle scuoiata, privati di occhi e della pelle sulla faccia (quello che in gergo si definisce "trofeo" *), i quali sono tratti da antiche immagini mediche o artistiche.
Connolly riesce a dar vita a dei collegamenti tra fatti che, in apparenza, non hanno niente in comune, eppure si arriva al punto della scoperta e tutto sembra avere una logica conseguenzialità.

La motivazione psicologica di base del serial killer non mi è chiara, non spiega quali fossero i fattori che hanno dato inizio alla pulsione, alla fantasia omicida, ma solo il fattore scatenante (ossia l'avvenimento che lo ha spinto a tradurre la fantasia in azione; questo lo spiega bene ma non posso aggiungere altro, altrimenti potrei dare un suggerimento troppo grande).
Il senso delle pose è creare un memento, cioè creare qualcosa che ricordi al genere umano la propria caducità, la mortalità, la futilità della vita stessa e delle sue caratteristiche (amore, famiglia, amicizia, orgoglio, ambizione), tutto ciò che conta è la sofferenza e la morte di tutto ciò che muore. Nel finale l'assassino spiega tutto questo a Bird ma lui rigetta totalmente la teoria esistenziale del criminale, nonostante sia ad un passo brevissimo dal diventare uno di quei mementi, insieme a Rachel Wolfe, una psicologa criminale che lo ha aiutato nelle indagini e ad accettare la perdita della moglie andando avanti.

A circa metà del libro ho adocchiato un personaggio, per poi scoprire alla fine che avevo davvero indovinato il killer.
Detto con modestia, se avessi lo stesso intuito nella vita reale sarei meglio di Pippo Baudo ai suoi tempi d'oro.


* Piccola lezione di psicologia criminale, in termini spiccioli: i killer seriali prelevano qualcosa dalle proprie vittime o dalla scena del crimine, possono essere oggetti o parti del corpo e sono chiamati "trofei", si tratta di qualcosa che il killer utilizza per ricordare a se stesso cosa ha fatto e cosa ha provato, per rivivere le sue azioni.


Con il secondo libro ho segnato il punto 17: libro consigliato da un amico. Ho fatto un prestito-scambio con una amica, che mi ha indicato Il trattamento di Mo Hayder come uno dei suoi thriller preferiti. Mi duole ammetterlo, e non so come farò a confessarlo a lei, ma io l'ho detestato. Ho fatto fatica a leggerlo, più volte avrei voluto abbandonarlo, adesso faccio fatica a trovare un commento positivo da fare che non sia questo: sono contenta di averlo finito e di non doverlo rileggere mai, mai più.
Ne ho lette e viste in tv di cose orribili, ma così è troppo: il caso riguarda bambini stuprati e uccisi in condizioni di fortissimo impatto psicologico. Orribile, semplicemente orribile. Oltre al fatto incontestabile che il racconto di per sé è orribile, la narrazione non lo salva neanche. Per me è scritto male. Non ho provato empatia o simpatia per nessun personaggio, sono insulsi, privi di attrattive, alcuni sono stereotipi (come la lesbica coi capelli rasati e zero femminilità nei movimenti e negli atteggiamenti, cosa che mi fa chiedere se l'autrice abbia mai parlato in vita sua con una lesbica); coi vari cambi di argomento e prospettive confonde, con le descrizioni inutili abbonda, quando finalmente sta per accadere qualcosa o sta per dare un indizio blocca la scena per metterci in mezzo un'altra scena del tutto diversa con altri personaggi e quando si ritorna alla svolta non è poi questo gran ché. Non mi è piaciuto neanche il finale. In sostanza, questo libro non mi è piaciuto, non fa per me e sono contenta che me lo hanno prestato così non dovrò neanche rivederlo.

Su queste note amare una conclusione: credo che non leggerò un altro thriller per un po' di tempo. Forse non leggerò proprio. Boh.
Stay tuned!

martedì 14 luglio 2015

Grandi speranze.

Avevo detto che ne avrei parlato, perciò lo faccio. Mi è piaciuto questo libro e ancora di più il modo di raccontare fatti e sentimenti di Charles Dickens: ha una sensibilità, una delicatezza e un candore unici, conditi da sprazzi di ironia e di senso d'avventura.


Non è un libro "da ombrellone", ma sotto un albero di limone si legge che è una meraviglia, per lo meno nei primi giorni di giugno.

Si segue la storia di Pip da quando è un bambino di circa sei, sette anni, orfano di entrambi i genitori e cresciuto dai signori Gargey, ossia un cognato buono e gentile e la sorella dispotica, la quale si vanta (ed è vantata da tutto il paese) di averlo "tirato su con le mani" (cioè con metodi violenti e punizioni severe). Il ragazzino è circondato da compaesani che sono veri e propri personaggi: c'è il pomposo, orgoglioso e "ballunàro" (che in siciliano riassume in termini dispreggiativi una persona che racconta solo balle) zio Mr. Pumblechook, che solo la signora Gargery chiama "zio" nonostante fosse zio del marito (suppongo una scelta per sottolineare le personalità asfissianti e opprimenti dei due), il sacrestano Mr. Wopsle la cui passione per il melodramma e i discorsi pomposi porta a Londra per tentare la carriera di attore, una ragazzina di nome Biddy che insegna a scuola ma in particolare a Pip, l'impiegato Orlick (che si riferisce sempre a se stesso come "il vecchio Orlick" nonostante sia un ragazzo), che è villano e rude.
La vita di Pip ha una brusca piega quando, al cimitero per una visita alle tombe di famiglia, viene intercettato da un galeotto fuggiasco che lo spaventa con delle storie tanto da convincerlo a sfidare la sorte (e la furia di Solletico, ossia un pezzo di canna ricoperto di spago che la sorella impugna come dispensatore di disciplina) e portargli del cibo e una lima per liberarsi delle catene. Anche se il malvivente viene ripreso insieme ad un altro fuggiasco già il giorno seguente, per molto tempo Pip ripensa alla paura che tutto quell'episodio gli ha fatto provare.
Un altro episodio importante è l'incontro con una ricca e grottesca signora che per svago cerca un ragazzino da guardar giocare: Miss Havisham vive in una grande, lussuosa ma decrepita casa che non vede un cambiamento o un raggio di sole da decenni, quando l'uomo che amava la abbandonò con una lettera il giorno delle nozze. I suoi modi eccentrici, che in realtà sono frutto di un trauma terribile per la povera donna, si concentrano in molti punti: veste dal giorno del suo mancato matrimonio il suo abito nuziale ormai ingiallito e spezzato dal tempo, nella sala da pranzo c'è ancora il tavolo imbandito per il pranzo nuziale (con tanto di cibo e torta nuziale ammuffiti e infestati da animali) e tutti gli orologi della casa sono fermi all'ora in cui le spezzarono il cuore. La sua follia di dolore si esprime anche nell'aver adottato una bambina, Estella, con lo scopo di far soffrire tutti gli uomini che l'avessero incontrata e che la sua bellezza avrebbe fatto innamorare. Attraverso Estella la donna cerca vendetta verso il genere umano maschile. Anche Pip si innamora subito e perdutamente di lei e sarà per lei che cercherà di migliorarsi, sebbene ferito ripetutamente dalle battute crudeli della ragazza, dai modi altezzosi, freddi, manipolatori e incostanti.
Miss Havisham è circondata da parenti curiosi che sono interessati soltanto ai suoi soldi e sono descritti con una leggera ironia, al tempo stesso descrittivi e allusori, seri e beffardi.
Ma la vita di Pip cambia radicalmente quando riceve la visita di un avvocato, Mr. Jaggers, che lo informa di essere diventato erede di grandi speranze (cioè molto denaro), che non avrebbe avuto dettagli su chi fosse il benefattore, quando si sarebbe rivelato e a quanto ammontava la cifra totale. Le condizioni sono che avrebbe dovuto dire addio al paese, trasferirsi a Londra e non cambiare nome. Pip, intravedendo la possibilità di poter diventare all'altezza di Estella, accetta tutto e parte.
A Londra incontra Mr. Pocket, cugino di miss Havisham che l'aveva messa in guardia sulle intenzioni dell'uomo che stava per sposare ma non era stato creduto, e la famiglia di lui, composta dal figlio maggiore Herbert che diventerà coinquilino e caro amico di Pip, una moglie dedita solo a questioni di discendenza e di titoli, una schiera di marmocchi seguiti da due bambinaie poco attente e un paio di ragazzi che, come Pip, sono istruiti da mr. Pocket.
Non aggiungo molti altri dettagli sulla trama, solo che il ragazzino buono che voleva diventare fabbro come il cognato lascia il posto ad un giovane adulto incapace di eseguire un progetto da inizio a fine, dedito all'accumulare debiti e fare vita mondana, tra teatro, attività di accompagnatore per Estella, visite a Wemmick (il segretario dell'avvocato, che ha costruito una casa dall'aspetto di castello, dove cambia personalità e accudisce il vecchio padre mezzo sordo). Ma la sua vita subirà altre brusche svolte, che pian piano faranno uscire il suo animo dalla morsa dell'egoismo.
Lascio qualche citazione e qualche altro appunto personale.

[pag.76, un discorso quasi pedagogico a seguito di una umiliazione inflitta da Estella]
Nel piccolo mondo in cui i bambini vivono la loro esistenza, chiunque li allevi, non c'è nulla che venga percepito più acutamente dell'ingiustizia. Può darsi che sia solo una piccola ingiustizia quella che il bambino si trova a subire; ma il bambino è piccolo, e il suo mondo è piccolo, e il suo cavallino a dondolo è tante spanne più alto di lui quanto, in proporzione, un cavallo irlandese dalla grossa ossatura. Io, dentro di me, avevo sostenuto un perpetuo conflitto contro l'ingiustizia fin dalla prima infanzia. Da quando avevo cominciato a parlare, avevo capito che mia sorella, nella sua coercizione capricciosa e violenta, era ingiusta con me. Avevo nutrito la profonda convinzione che il fatto che mi tirasse su con le mani non le dava il diritto di tirarmi su a strattoni. Attraverso tutte le mie punizioni, umiliazioni, digiuni, veglie e altri simili atti di penitenza, avevo sempre nutrito questa certezza; e al mio rifugiarmi così spesso in lei, solo e senza protezione, attribuisco in gran parte la mia timidezza e la mia grande sensibilità.
Mi liberai temporaneamente dei miei sentimenti feriti, calciandoli contro il muro della fabbrica di birra e strappandomeli dai capelli a forza di torcerli, poi mi passai la manica sulla faccia e uscii da dietro il cancello.


[pag.112]
(...) tutto il merito di quello che sto per aggiungere è di Joe (il cognato). Non perché io fossi fedele, ma perché Joe fu fedele, non scappai per diventare un soldato o un marinaio. Non perché io avessi un forte senso delle virtù del lavoro, ma perché Joe aveva un forte senso delle virtù del lavoro, lavorai con tollerabile zelo, sia pur se controvoglia. Non è possibile sapere fin dove arrivi, nel mondo, l'influenza di un uomo dolce, onesto, dedito al dovere; ma è possibile sapere come abbia influenzato ciascuno di noi lungo il cammino, e io so perfettamente che quanto di buono ci fu, nel mio periodo di tirocinio, dipese da Joe, semplice e soddisfatto, e non da me, insoddisfatto, avido e irrequieto.
Cosa volessi, chi lo sa? Come posso dirlo IO, quando non l'ho mai saputo? Quello che temevo era che, in un'ora sventurata, in un momento in cui avevo un aspetto più che mai sudicio e rozzo, mi trovassi ad alzare lo sguardo e a vedere Estella che mi fissava da una delle finestre della fucina. Ero ossessionato dalla paura che, prima o poi, ella mi sorprendesse con le mani e il volto neri, intento alla parte più triviale del mio lavoro, ed esultasse trionfante e mi disprezzasse. (...) il luogo e il pasto avevano un'aria più umile che mai e, più che mai, nel mio cuore ingrato, mi vergognavo della mia casa.


[pag.240, Estella si confida con Pip riguardo la sua infanzia con Miss Havisham, circondata dai parenti che mirano ai soldi della donna; una parentesi di sincerità e tenerezza molto rari in Estella]
Nemmeno per te è facile- disse Estella -capire la soddisfazione che mi dà vedere quella gente frustrata nei suoi tentativi, o il piacevole senso del ridicolo che provo a vederli cadere nel ridicolo. Perché tu non sei cresciuto fin da piccolo in quella strana casa. Io sì. Tu non hai dovuto aguzzare il tuo piccolo ingegno per via dei loro intrighi contro di te, oppresso e indifeso, mascherati dietro la finzione della simpatia e della compassione e di quant'altro c'è di dolce e consolante. Io sì. Tu non hai spalancato a poco a poco i tuoi occhi rotondi di bambino alla scoperta di una donna tanto ingannatrice da calcolare le sue riserve di pace mentale, per quando si sveglia di notte. Io sì.


[pag.360, Pip aveva usato una parte del suo denaro per trovare un socio e un'attività al suo migliore amico Herbert Pocket; quando capisce di stare per perdere tutti i soldi per motivi che non posso dire, va da Miss Havisham a chiedere il denaro sufficiente per completare l'attività commerciale dell'amico, generando un dialogo davvero commovente tra i due. Herbert non sa niente dell'aiuto di Pip e l'attività si sviluppa tanto bene da creare una sede in Oriente]
E allora, mi parve davvero che la mia ultima àncora stesse perdendo la presa, e che presto avrei navigato in balia dei venti e delle onde. Ma una ricompensa ci fu, nella gioia con cui Herbert rincasò una sera e mi disse di quei cambiamenti, senza immaginare affatto che non mi diceva nulla di nuovo, e dipinse quadri fantastici di se stesso che conduceva Clara Barley nella terra delle Mille e una notte, e di me che li raggiungevo (con una carovana di cammelli, credo), e di tutti noi che risalivamo il Nilo e vedevamo cose meravigliose. Senza essere troppo ottimista riguardo alla mia parte in questi splendidi progetti, sentivo che la strada di Herbert si stava velocemente spianando [...]


Esistono due finali per questa storia, l'ho letto su Wikipedia e devo ammettere che non preferisco quella presente nel mio libro. Quindi vi lascio due finali per questo post e si vedrà.

Auguro grandi speranze a chiunque legga.

La vita è complicata per tutti, facciamocene una ragione.