mercoledì 8 ottobre 2014

Ansia e pianoforti.

Tanta, tanta, tanta ansia.
Finito settembre sento solo sapore di ansia.
Non ho più un lavoro e ritorno al punto di partenza: in questi, diciamo, ultimi dieci mesi io non ho capito niente. Non so ancora cosa voglio, non ho ancora un progetto o un'idea di progetto. 

Adesso ho le mattine e le sere libere, il pomeriggio è di nuovo in mano al dopo scuola ed è un po' troppo tardi per recuperare un'estate siciliana vissuta a circa quattro chilometri dal mare, senza mare. In quattro mesi sono andata al mare cinque volte, è una vergogna. Però ora che potrei andarci, per di più godendo della quasi totale assenza di persone, non ne ho proprio voglia. Io, che non volevo mai uscire dall'acqua, non ne ho voglia. Io che adoravo l'acqua fredda ora la rifiuto, io che uscivo dalle fredde acque coi piedi blu eil sorriso in faccia, magari ridendo perché i denti battendo mi hanno tagliato il labbro inferiore. Il tempo non mi assiste: c'è ancora sole e un discreto caldo, ma non abbastanza da fare un bagno al mare senza congelare.
Perciò oggi, per combattere questo stato di ansia perenne sono uscita da sola. Ogni tanto sento questo bisogno di girare a piedi per le vie principali della città, per fare qualcosa da sola, per sentirmi sola in mezzo alla folla, lasciar fluire tutto e tutti attorno a me senza esserne toccata. Non so se tutto ciò ha senso...
Quindi ho girato a piedi, con la musica nelle cuffie e gli occhiali da sole, e nessuno mi ha disturbata. Non mi sono fermata né sono stata fermata da due turisti che giravano e rigiravano la cartina, piegando le teste come bionde civette tedesche, persi anche loro. Non mi hanno chiesto aiuto e io non mi sono fermata. Mi sono sentita libera. Certo anche un po' stronza, ma illusoriamente libera, senza catene.
Mi si è aperto uno spiraglio nel muro di misantropia quando un ragazzino di una decina di anni ha fermato la sua bici per dire "ciao cagnolino" ad un randagio.

Ma è stato ancora più bello scoprire in piazza un uomo dai lunghi capelli bianchi che suonava un pianoforte. Non avevo mai incontrato un artista di strada, ad eccezione fatta di quel sassofonista su di una metrò di Parigi che ha espresso la sua teoria circa la paternità del mio amico, che non gli ha voluto dare qualche moneta. Io come al solito stavo sonnecchiando seduta lì vicino, ebbra del consueto effetto della metrò.
Comunque, tornando alla mia piccola città sicula, questo signore suonava un piano sgangherato, sempre una canzone che sembrava un po' da saloon del vecchio west e un po' un film in bianco e nero degli anni venti o trenta. Non era neanche tanto bravo, ma ci metteva così tanto impegno, le sue dita si muovevano molto veloci e indossava un frac con tanto di coda che rendeva tutta l'immagine meravigliosamente retrò. Adorato.
Ecco alcune foto, so che non si vede bene, ma non me la sono sentita di avvicinarmi e disturbarlo.




Come sembravano allegri quei vecchietti lì!
Ho sentito l'ansia allentare un po' la presa. Spero che questa brutta sensazione svanisca presto.
Non posso passare la vita a fare la turista nella mia città.

2 commenti:

  1. ... invece è così bello fare i turisti nella propria città, non si finisce mai di scoprire qualcosa di bello e di inaspettato che forse era lì da sempre in attesa di essere notato. Prova a fare la turista un giorno in cui ti ti senti serena... vabbè, almeno non ansiosa.

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    1. Di solito quando sono serena mi diverto a fare polemica... Il punto secondo me è guardare le cose senza prefissarsi uno schema, delle regole, dei criteri, lasciare che le sensazioni nascano dopo la percezione

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