domenica 29 settembre 2013

Angolo libro: Misery, di Stephen King

Era da tempo immemore che non deliravo in questo mio angolino. Ma ho questa spinta incontrollabile che pretende che io scriva qualche fesseria senza senso mia impressione su Misery, di Stephen King.
Non so bene cosa mi aspettassi da questo libro, visto che ho letto L'incendiaria di King e non mi era piaciuto; fondamentalmente ho riscontrato gli stessi intoppi, c'è qualcosa nel suo stile narrativo che non mi convince. Per esempio, la scelta di parole poco usate nella vita di tutti i giorni (e qualcuna ammetto di averla dovuta cercare nel vocabolario) e la tendenza ai salti temporali mi fanno perdere il ritmo della lettura, spezzano la concentrazione. Per qualche strano processo mentale, la mia anima lettrice divide in due parti Misery. La prima parte, circa duecento pagine (di quasi quattrocento complessive), raccontano i terribili momenti dello scrittore Paul Sheldon dal giorno del suo incidente automobilistico al giorno in cui si sveglia a casa di Annie Wilkes, che si dichiara la sua "ammiratrice numero uno", e inizia la sua lunga e travagliata convalescenza. La donna, ex infermiera con un oscuro passato e una sanità mentale per niente raccomandabile, lo cura (all'incirca) e lo fa diventare dipendente da un farmaco, il tutto perché lo scrittore aveva concluso la sua saga uccidendo la protagonista e lei, sfruttando le sue precarie condizioni fisiche, lo costringe a resuscitare Misery e a scrivere per lei.
Ora, essere rapiti e tenuti in ostaggio da una squilibrata con il complesso dell'angelo della giustizia è senza dubbio una cosa orribile che non augurerei a nessuno, neanche al mio peggior nemico; ma, non so come, in questa parte non riesco a sentire brividi o inquietudine, è addirittura noioso. Una pesantezza spossante. Così pesante che ora non posso fare a meno di usare quintali di aggettivi e avverbi. L'unico episodio che mi ha mandato il cuore in gola in questa parte è stato quando Annie lo costringe a bruciare l'unica copia del suo inedito manoscritto. Fosse bruciata l'unica copia di un mio immeritevole ma lodevole manoscritto come minimo mi sarebbe venuto un infarto. E probabilmente non avrei avuto accesso alla seconda parte, fine dei giochi.
Nella seconda parte cambia qualcosa. Non vorrei dire troppo quindi mi limito a questo: Annie uccide un giovane poliziotto e amputa un piede e un pollice allo scrittore, tutto con tanti di quei dettagli sanguinosi e violenti da sfociare quasi nello splatter. Ho rischiato fortemente di vomitare; anche solo ripensarci mi sale la nausea. Già non riuscivo più a guardare un'ascia senza avere i brividi dopo aver visto Jack Nicholson in Shining, ora non voglio immaginare quanto sia degenerata... Grazie infinite, Mr. King!
Le ultime pagine sono angoscia pura, lei resa sempre più instabile e imprevedibile dalla pressione dovuta alla vicinanza della polizia, lui che finisce il libro in vista di chiudere i conti con la sua carceriera in un faccia a faccia che, in un modo o nell'altro e lui lo sa, avrà come esito la vita di almeno uno di loro.
Alla fine fuoco e fiamme, e fine.
Alleluia.
In sostanza, non so se mi sia piaciuto davvero oppure no e probabilmente non lo voglio neanche sapere.

Libro consigliato a chi ha tanta pazienza e lo stomaco forte.
Andate in pace, miei prodi!

sabato 14 settembre 2013

Se per caso cadesse il mondo, io mi sposto un po' p... BOOM!


Due sere fa avevo una spiacevole sensazione addosso, qualcosa che diceva "ricordi perché non ti piacciono le sorprese?". Sfiga portami via. Ieri mattina mi sveglio e trovo un messaggio. Il sottofondo nella mia testa è stato un tuono, un unico singolo boato nello stile in cui si annunciava la Caccia Selvaggia. Era un sms di Mister X, il mago Casanova della mia vita. Torna dopo due mesi di totale silenzio (non ho contato i giorni... No, davvero) e con un sms telegrafico. Un sms dopo quello (scritto abbreviato e senza la minima traccia di punteggiatura, ma cosa abbiamo dodici anni?) va di nuovo via, libero come il foglio con gli sconti che ti lasciano sospeso nel buco della posta e portato via dal vento. Okay, non mi sono dimostrata né felice di sentirlo né interessata alla sua risposta (e a dirla tutta non ho ancora capito cosa provassi a riguardo, e in fondo ormai non importa) ma comunque gentile ed educata, però in quale universo torni dalla persona da cui sei andato via per una manciata di parole? Perché turbare lo stato delle cose se non hai intenzione di rimanere neanche per le solite due chiacchiere di rito tra persone civilizzate? Ero di nuovo me stessa, rassegnata sul fatto che mi ero sbagliata su di lui, su di noi, lo avevo accettato e messo in archivio (quello buio e polveroso dove non si sosta mai a lungo). E poi mi sveglio e trovo un suo sms. Perché?
Da lì apriti cielo. Sono stata di malumore tutto il giorno. La mia testa ha trascorso un'ora sotto le mani di una parrucchiera, cosa che non mi era mai successa, nemmeno quella volta che mi sono fatta tagliare la bellezza di cinque dita di capelli con tanto di acconciatura (mi sembra di ricordare che fosse la mia comunione o cresima, chissà). Dopo svariati tentativi dico "okay, vanno bene così", torno a casa e tolgo tutto senza ripensamenti. Soldi buttati nel cesso. E scusate il francesismo.
E quindi via tutto! In fondo era solo per un ricevimento di matrimonio. Ma la sfiga persiste: tavolo vicino agli amplificatori (con musica alquanto discutibile), salse pesanti al punto da coprire il sapore di salmoni o gamberetti, ricevimento all'aria aperta con l'umidità che mi teneva le tempie sotto torchio, i tacchi (che già odio di per sé) che sprofondavano nel prato, e buffet. Non ho niente contro i matrimoni, anche se ne ho un'idea tutta mia, ma ho molto contro i buffet: gente che spintona, che ti ruba il cibo, che prende con le mani oppure prende, mette nel suo piatto magari mischiando aceti con salse delicate, poi si accorge che non lo vuole e lo rimette dove lo ha trovato.
Ma poi che razza di vino era? Sospetto che ci abbiano messo dentro qualcosa perché dopo appena due bicchieri neanche pieni mi ritrovo improvvisamente con il cellulare in mano e sul display il testo di un sms. Non mi aspettavo un tuo sms, avevo inconsciamente scritto. Certo che non mi aspettavo un suo sms, ma non ha senso dirlo proprio a lui. E per fortuna mi sono fermata in tempo. Tremo al pensiero di quello che gli avrei scritto se avessi bevuto vodka, invece del vino. Ma come spesso accade, ho una canzone accanto a me che mi fa stare meglio.



A dire il vero io volevo solo stare bene
Fare a meno di vederti quando fuori piove
convincere i vicini a fare l'amore
stare alla larga dai finali a crepacuore
Non muovere un dito per restare insieme
godermi l'equilibrio finché tiene
A dire il vero io volevo solo stare bene
ricordarmi che sei bella una volta al mese


A dire il vero io volevo solo stare bene
preoccuparmi dei tuoi occhi quando mi conviene
guardare il cielo solo per le comete
trovare un senso a tutto come un buon prete
A dire il vero io volevo solo stare bene
sdraiarmi sulla terra finché scende il sole
sperando che anche gli altri abbiano trovato amore
nei viali deserti delle città vuote


E chilometri e chilometri
di scogliere e di discariche
di balconi affacciati sui binari e sugli svincoli
non chiediamo altro al mondo
che distruggerci e poi salvarci
prima che sia troppo tardi per
i farmaci e per le plastiche
questa voglia di superarsi
e di spingere e di spingere


A dire il vero io volevo solo stare bene
lavare per terra una volta al mese
e non spolverare i ripiani alti
di una libreria con i piedi scalzi
A dire il vero io volevo solo stare bene
piacere alla gente che ai prelievi sviene
le corsie d'emergenza non sono mai vuote
di donatori e grosse cilindrate

E chilometri e chilometri
di scogliere e di discariche
di balconi affacciati sui binari e sugli svincoli
non chiediamo altro al mondo
che distruggerci e poi salvarci
prima che sia troppo tardi per
i farmaci e per le plastiche
questa voglia di superarsi
e di spingere e di spingere

[Ministri, Spingere, album: Per un passato migliore, 2013]

venerdì 6 settembre 2013

Take a look around.

In sintesi: sono tornata più o meno me stessa, solo ancora un pochettino ammaccata. Certo, basta una scena in un film o in un libro per farmi venire gli occhi lucidi o un attacco di feroce acidità, ma ho ripreso a leggere, ad avere voglia di scherzare e a provare l'impulso di riempire una valigia e andare boh, da qualunque altra parte. Normale amministrazione.
Siccome non ho modo di partire, mi rifugio nella finzione di essere turista nella mia città. Portate pazienza, non reggo molto le delusioni... Comunque, foto foto e foto!
Le foto sono piuttosto scure, lo ammetto, ma che volete, ho un cellulare dalle possibilità limitate e il cielo è scuro in questi giorni. La spiaggia è una delle meno popolate, viene quasi snobbata. In fondo è solo un metro scarso di sabbia che via via lascia il posto a qualche scoglio. Era lì che mio padre mi portava da piccola. E adesso non ci vado quasi più perché ci sono spiagge più belle, acque più azzurre, sabbia più dorata, meno alghe (o quasi niente). Ma se si cerca solitudine e si è fortunati (sfortuna non voglia ci sia una sola unica famiglia con tre bambini uno più chiassoso dell'altro, che immancabilmente ti viene voglia di urlare e gettarli uno per volta contro uno scoglio molto appuntito), beh, questo è il posto giusto per schiarirsi le idee con il sottofondo delle onde, inebriati dall'aria salata.



Fortino, il miglior pensatoio