mercoledì 22 maggio 2013

Out of service

E' arrivato il giorno della partenza. Sette giorni di vacanza. Dopo tanti programmi entusiasti, tutto sta per essere concretizzato, anche se dicono che Parigi è fredda e piovosa in questo periodo. Ma va bene, chissene, no? Ci si diverte, si vedono tanti posti, tanta gente, e bla bla bla...
E ho l'umore sotto i piedi. Calpestato e lasciato a marcire in un angolo. Quanta luce.

E ammetterlo è un po' una contraddizione, considerato che odio sentirmi vulnerabile ma ancora di più ammetterlo... Ma chissene.
Oggi è finito il corso ed è stato più triste di quanto immaginassi; sento che qualcosa mi scivola via. Sembra tutto già lontano. Ma forse è l'influenza a parlare, a confondere le mie percezioni... E forse sono io che cerco solo scuse perché sono un'idiota. Sono un'idiota per questo e perché mille e mille paranoie giocano contro me stessa. La scrittrice americana Laurell K. Hamilton in un romanzo, non ricordo bene quale, scrisse:
la paranoia è la madre dell'ingegno.

Beh, forse è vero in generale ma nel mio caso è una stronzata (il più delle volte). La paranoia è la madre delle mie stupidaggini più grandi, di tutti i bei momenti che ho distrutto, delle piccole gioie che ho bruciato, delle belle cose che ho allontanato prima ancora di poterle sfiorare... E sono stanca. Stanca delle paranoie e degli auto-sabotaggi. E spero che questo viaggio ricarichi le mie batterie consumate.

Il mio saluto a Blogger con una citazione e una canzone.

"Attendeva che qualcuno la prendesse in braccio e le dicesse: adesso basta camminare, ti porto io."
(A. D'Avenia)


Ciao Blogger! M.C.

sabato 18 maggio 2013

E' una sensazione strana

Ce l'ho da un paio di giorni.
Mi capita di pensare alla fine del corso di formazione, un corso che ho iniziato tanto per fare qualcosa; nessuna aspettativa, zero obiettivi, solo puro fatalismo. Come va, va.
E adesso mi rendo conto di aver avuto più di quello che avrei potuto immaginare. Sono ricordi che mi stanno a cuore, cose che ho apprezzato e che mi mancheranno...
La gentilezza e la bontà di A. (e le sue magnifiche torte), la determinazione e il coraggio di AL (lei farà grandi cose), la testa sulle nuvole di S, la riservatezza di F. e M. e le piccole ma belle sfumature che fanno trapelare a volte, la comicità fuori luogo e le conversazioni con il mio nuovo amico V, il fascino fanciullesco di S.a, i racconti di vita entusiasti di A, M e S insieme alla loro allegria, al loro umorismo trascinante...

Mi capita di sentire questa sensazione strana soprattutto quando mi accorgo che sto pensando ad una certa persona. E' un po' come se un gatto si stesse facendo le unghie sul mio petto mentre sta seduto sulla bocca dello stomaco. Ho mai accennato alla mia leggera filofobia? E' irrazionale, è molto ingiusta (in particolare verso altri che di affetto se ne meritano), è ambigua, e strana, non si può sempre tenere a bada... E più apprezzo una persona, più questa sensazione aumenta, si insinua e impregna il flusso dei miei pensieri. So a cosa è dovuta, ma saperlo non mi aiuta ad estirparla...

E vorrei che questo corso durasse di più, che queste persone non scompaiano nel nulla; eppure so che sarà così, perché così vanno le cose. E' la vita.
Pazienza.

venerdì 10 maggio 2013

Una gabbia di matti.

Oggi sono salita sul tetto di casa mia e ho fotografato il cielo. Mi sono chiesta in quali altri posti il cielo fosse sempre (o quasi) così azzurro e limpido. Per esempio in Francia...
Ebbene sì, la Maya sbarcherà in Francia con quattro colleghi!


Non potevo aspettare domani per dirlo (anche se sono le 1.16 e quindi è già domani, in teoria): a fine mese partirò, anche se all'inizio se ne parlava per gioco davanti ad un bicchiere di vino, dopo esserci abbuffati ad una mangiata. Mi chiedo se tutti questi autori francesi capitati per caso ai miei occhi di lettrice non fossero un avvertimento, una sorta di premonizione, come per dire: dai, visto che non hai sbroccato del tutto ti diamo un colpo di fortuna; basta che non ti ci abitui!

Mentre oggi ero sul tetto a rilassarmi, pensavo vagamente; lassù io ritrovo sempre la calma. Da piccola era il mio rifugio e ancora qualche volta, quando mi sento soffocare da mani impalpabili, io mi arrampico in cima alla casa e la presa si allenta. Torno a respirare. Non ho mai avuto molto senso del pericolo.
O forse ne ho anche troppo.

Fatto sta che fino alle otto di stasera, il viaggio sembrava un sogno e mi mancava il respiro. Ho tanto voluto questo viaggio e rischiavo di vederlo andare in fumo... Non era tanto il pensiero della Francia (del resto io avevo proposto la Svezia) ma era il vivo desiderio di cambiare del tutto aria, come strappare una cicas dal suo comodo vaso e vedere se, chissà come, sopravviveva in un terreno sconosciuto e diverso da quello che lo aveva ospitato fino a quel momento.

Rileggendo questo ultimo pezzo, devo essere onesta e ammettere che la metafora non è molto originale :P Nel libro Il fiore e la fiamma (anno 1978) di Kathleen E. Woodiwiss, la protagonista Heather si era appena sposata ed era costretta a trasferirsi dall'Inghilterra alle terre del marito in America; sola, sulla barca che la portava lontano, guardava l'immenso oceano e si chiedeva se un albero strappato via dalla terra poteva crescere rigoglioso in un'altra terra.
Che dolci ricordi mi riporta alla mente quel libro...

Tralasciando... Dicevo, temevo che il viaggio non si facesse e invece ci siamo ritrovati tutti a casa mia a prenotare tutti insieme i nostri biglietti aerei, compresi genitori ansiosi di conoscere i colleghi dei propri pargoli. L'onore (o l'imbarazzo) è capitato a me e a un altro.
Può capitare di ritrovarsi in una gabbia di matti estranei, matti amici o parenti, matti di passaggio e di personaggio; a volte la gabbia di matti sembra essere il tuo soggiorno (manco avessimo tredici anni, ma almeno ci fanno sentire cciovani) AH, dalla regia mi avvertono che non posso più dire "cciovani"... insomma, siamo dei forever young. Comunque... Può capitare di trovarsi in una gabbia di matti, ma di solito l'unica gabbia di matti che individuo è quella dove sono chiusa IO.
Ma ormai la porta della gabbia è aperta. Prego. Entrate. Fate come a casa vostra (ma se siete dei bifolchi che si puliscono le orecchie con l'unghia col caz** che fate come a casa vostra, zozzoni. Fate come a casa mia, e quindi con garbo lavatevi le mani prima di farvele stringere).

Aaahh, che post pieno d'amore, questo.