mercoledì 27 marzo 2013

The Horror Style.

Sorvolando sul fatto che non riuscivo a collegarmi a internet, causa guasto del pc, guasto della rete telefonica e impegni vari, e sorvolando sul fatto che avrei da scrivere quattro parole su un libro, oggi vorrei semplicemente narrare una gita in auto.
Il piano era semplice: io, la mitica Q (lei capirà) e due amici avremmo imboccato l'autostrada e saremmo andati a perdere tempo al centro commerciale di Castelvetrano. Semplice, tanto l'autostrada è sempre dritta, l'auto ha il pieno e noi ragazze ci siamo andate talmente tante volte che, anche se non eravamo noi a guidare, la strada ce la ricordiamo. Sbagliato. Oh Castiel, se ci sbagliavamo!
Eravamo in auto belli tranquilli e allegri, parlando e straparlando di tutto e di più, quando all'improvviso S. decide di metterci al corrente di un suo lecito timore:
Mica sbagliamo uscita e andiamo a finire a Palermo?
Io e Q., quasi in coro, ridendo: mafffigurati se capita a noi! Stai tranquillo che NON SBAGLIAMO NULLA!

Ecco, sospetto che mi sono tirata sfiga da sola. Per qualche strano motivo, la nostra sicurezza non tranquillizza il nostro amico. L'altro è talmente concentrato sul non fare casini mentre guida che ci dà carta bianca:
Boh, ditemi voi dove devo girare.
E noi ragazze: vai tranquillo, ancora ce n'è.

Il problema è che non immaginavamo quanto fosse vero...

S. vede un piccolo cartello che indica una uscita imminente per Castelvetrano e la indica al guidatore.
E lì iniziò la breve diatriba:

No, S., vedi che non è questa.
No, è questa! C'è scritto!
Non può essere, è troppo presto!
Picciò, può essere mai se c'è scritto così? E se poi sbagliamo e andiamo a Palermo?
Ma siamo appena passati da Mazara e non siamo ancora passati da Campobello di Mazara!
Dai, giriamo, tanto che può succedere? Almeno non andiamo a finire a Palermo!

E insomma, tanto fu detto, tanto non fu detto (noi pensammo di ricordare male, nessuno è infallibile), il guidatore ascoltò l'amico seduto al suo fianco e svoltò verso l'uscita dall'autostrada.
Dopo una manciata di minuti, Q. dice:
Io non me la ricordavo così, questa strada...
A dirla tutta, non me la ricordo così nemmeno io..., ammetto.

Qualche minuto dopo ci fu tutto chiaro: era l'uscita sbagliata e per di più siamo finiti in mezzo al nulla. E quando dico "nulla" è davvero il nulla.
Nessuna abitazione, nessuna macchina, solo terra, erba, alberi e ruderi abbandonati mezzi crollati. Vi mostro qualche scatto:



Per fortuna di bivi non ce n'erano molti...
 

E QUESTO E' TUTTO QUELLO CHE ABBIAMO VISTO PER TRE QUARTI D'ORA. DITEMI VOI SE NON SEMBRA L'INIZIO DI UN FILM HORROR.


Vi lascio immaginare la gioia nello scorgere le prime tracce di vita, sebbene non ci aspettassimo di incappare in un "attraversamento pecorale" (cit. by Q.). Approfittiamo della presenza del pastore per chiedere informazioni, per sapere se da lì si potesse andare a Castelvetrano. La risposta lascia tutti basiti: quattro siciliani restano muti davanti ad un siciliano che parla siciliano.
'Azz ha detto? chiedo a Q.
Boh! risponde lei.
Illuminante.

Capiamo il messaggio dal linguaggio del corpo: non lo sapeva con precisione.
Ci fa segno di aspettare con la mano e va a chiedere alla macchina che si trovava sull'altra corsia, anch'essa solitaria e bloccata dagli animali lanuginosi. Torna da noi e dice che sì, questa strada alla fine porta a Castelvetrano.
Salutiamo e via, verso altri campi, verso altra natura solitaria, ogni tanto un palo a comunicare che lì ogni tanto passa qualche essere umano. Mentre tutti, io compresa, pensiamo che è a questo punto che di solito spunta il serial killer... e io ho più motivi degli altri per preoccuparmi perché di solito la stronza è l'ultima ad essere ammazzata.



Finalmente, dopo un tempo indeterminato, cominciano a vedersi un paio di case, qui e là.
Purtroppo arriviamo anche ad un bivio: dove si va? Visto che S. diceva una direzione, scherzavamo dicendo che forse era meglio andare nella direzione opposta. Cosa strana, decisi di essere ragionevole e proposi di tornare indietro di un paio di metri perché in prossimità di un cancello c'era un uomo. Fortuna volle che un'auto passasse di lì. Il nostro guidatore si fermò in mezzo alla strada costringendo l'auto a fermarsi. Prima che potesse affibbiarci qualche brutto epiteto, S. chiede "Scusi, per Castelvetrano?"
L'uomo sorride beffardo, come se un po' non ci credesse, ma sembra pensare "Come siete arrivati fin qui? Dite sul serio?". Invece l'uomo, gentilissimo, ci spiegò la strada e, vedendoci confusi e incerti, ci propose di seguirlo. A me la storia sapeva ancora di film horror; dopo tutto (attenzione spoiler) in La maschera di cera il vecchietto che da un passaggio ai giovani era complice dei killer della storia.
Però sto zitta. Sesto senso, credo.
Dopo pochi minuti siamo di nuovo nel ventunesimo secolo, con case, palazzi, auto e persone.
Gridiamo al MIRACOLO.

Questo arco ho scoperto poi essere il confine tra Castelvetrano e Campobello di Mazara. O almeno credo.
L'uomo accosta e ci dice che siamo arrivati, questa è Castelvetrano. A quel punto S. chiede indicazioni per raggiungere il centro commerciale. Dopo un attimo di meraviglia, l'uomo si mette a ridere. Affascinante, comunque... Poi ci dice che siamo praticamente dalla parte opposta e di seguirlo.
Lo seguiamo, concedendoci di pensare con ottimismo che, nonostante ci siamo persi, nonostante siano passate due ore dalla partenza e di arrivare ancora non se ne vedeva l'ombra, almeno abbiamo visto una città che non avevamo mai visitato.
Ad un certo punto perdiamo di vista l'uomo gentile e S. indica un'auto e dice "Eccolo!".
Peccato che l'auto che stavamo seguendo era blu scuro, non nera.
Lo abbiamo perso.
Altri cittadini da infastidire con le nostre domande ma ce l'abbiamo fatta. Q. ed io riconosciamo il raccordo, gli edifici e quant'altro. Ci siamo, adesso sappiamo dove siamo e che stiamo finalmente arrivando.
Lieto fine, tra centro commerciale e McDonald.

Al ritorno ha guidato Q. e non c'è stato nessun intoppo. Però c'è stata una scena particolare: Q. era indecisa tra tentare un sorpasso in autostrada oppure no. Accelerava ma poi S. le diceva di stare attenta e lei rallentava. In fondo non era la sua macchina e non aveva mai guidato un'auto di quel vecchio modello. Ha provato di nuovo, ma ancora i ragazzi le dicevano di stare attenta, ma adesso il tizio davanti a noi stava andando davvero piano. Lei era stanca del rallentamento inutile, lo spazio c'era, l'auto ce la faceva, ma i ragazzi le dicevano di stare attenta e quel tentativo di sorpasso si stava prolungando troppo. Mentre i ragazzi continuavano a dirle di sorpassare facendo molta attenzione io mi sono messa a gridare con entusiasmo, stile ultras:
VAI! VAI! VAI! VAI! VAI! VAI! VAI! VAI!

Inutile dire che ce l'ha fatta alla grande e con precisione. E che alla fine è stata una gita folle però anche allegra e divertente.
Beh, questo è semplicemente girl power, alla faccia di chi dice che i maschi guidano meglio delle femmine!

venerdì 8 marzo 2013

Dei supermercati e delle altre cose.

A me le feste comandate non piacciono.
Non mi piace Natale, non mi piace Pasqua, non mi piace la festa delle donne.
Ognuno fa quello che vuole, ma trovo che sia più speculazione che veri, profondi sentimenti. Poi ci sono le eccezioni, ma tralasciamo. Per carità, sono piuttosto contenta dei progressi ottenuti grazie alle donne coraggiose che lottarono per i diritti che venivano negati per una semplice ragion d'essere. QUESTA è la giornata che vorrei festeggiare. Non ha senso festeggiare il fatto che siamo donne: donne ci siamo nate e non ne abbiamo nessun merito, la parità (dignità, per dirla con un solo termine) l'hanno conquistata.
Odio il pensiero che la storia venga minimizzata e soprattutto che si usi la scusa della "festa delle donne" per andare a ubriacarsi e a fare la figura delle scimmie davanti a dei tizi che vengono pagati per spogliarsi, e farlo pensando con convinzione "E' la festa delle donne, posso fare qualunque cosa voglio e nessuno può dirmi che sono una pervertita".
Ecco, lasciamo perdere che già mi sono saliti i cinque minuti.
Comunque, mentre stamattina un amico mi faceva gli auguri ho pensato: meglio un augurio sincero, piuttosto che un regalo non sentito. E con questo ho già detto abbastanza a riguardo.
Se poi devo dire di più, se proprio qualcuno volesse farmi un regalo, che mi doni del cioccolato fondente. Io amo il cioccolato fondente! Se quel qualcuno vuole proprio (ma proprio) regalarmi dei fiori, per favore niente mimose. Meglio dei galli, oppure i gelsomini.
Ma il cioccolato sarebbe meglio...

Visto che due giorni fa ho finito il mio cioccolato fondente, oggi ero in crisi di astinenza perciò ho dovuto viaggiare fino al supermercato. Il mio errore è stato farmi beccare da Genitrice: ha iniziato a elencare roba da comprare. Non è un grande sforzo andare al supermercato di solito, a parte fare la fila per il salumiere, purtroppo però il posto dove vado sempre ha cambiato totalmente organizzazione. C'è molta più roba e niente si trova dove si trovava prima. Non trovavo il tonno, e non lo avrei trovato manco con un navigatore satellitare. E poi un caldo! Un caldo infernale, mi sembrava di friggere, e la cosa peggiore è che volevo trovare refrigerio nel bancone frigo, mentre sceglievo lo yogurt. Mannaggia al parcheggiatore abusivo, lì faceva ancora più caldo.
Mentre aspettavo il mio turno dal salumiere, con il fido numeretto in mano, sudando come in un bagno turco, credo di avere avuto delle visioni. Tipo un topo che mi salutava e mi faceva l'occhiolino (poi capii che era quello della pubblicità del formaggio, cibo che mi stava davanti). In ogni caso credo di aver avuto un miraggio che potrebbe diventare un soggetto su cui scrivere. Ma non vorrei sperare troppo.
Una volta ritirato il sacchetto coi suddetti salumi, vagavo confusa e stranita tra nuovi reparti. All'improvviso mi fermo e la nebbia sembra svanita, ma continuo a pensare "no, è il caldo che mi ha dato alla testa, non è possibile". L'idea era così strana che ho voluto verificare. Sono tornata indietro e ho scoperto che non era un miraggio, c'era davvero! Nel mio supermercato di periferia, hanno inserito un reparto nuovo con dei libri.  LIBRI!! E dico libri veri, non i soliti libri di cucina scritti da sconosciuti! Libri di quelli che ho visto al negozio della Giunti in centro, nomi tipo John Grisham, Stephen King, e altri che non ricordo, c'erano fantasy, thriller, narrativa e libri per bambini, versioni economiche e versioni con la copertina rigida. Qui apro una parentesi, una scena a cui ho assistito e che speravo fosse un miraggio. Mentre leggo i titoli sugli scaffali sento una bambina che corre e urla con entusiasmo incontenibile "Mamma! Mamma! Vieni! Qui, è qui quello che voglio!". Io, che come noto sono dotata di grande pazienza e di fiducia nel prossimo, pensavo: ecco, mò va a farsi comprare biscotti e patatine, magari correndo urta lo scaffale coi libri e decidono di toglierlo.
Invece no. La bambina si ferma davanti allo scaffale con i libri più variopinti, quelli adatti ai bambini della sua età. Ne indica uno sorridendo e ribadisce che è questo che vuole, un libro. Mentalmente ho cancellato tutte le parolacce che mi frullavano nella mente sostituendole con le immagini delle copertine dei miei libri preferiti. Ero tutta cioccolata e cuoricini. Finché non ho sentito la risposta della madre: un secco e deciso NO. Più la bambina insisteva, più lei diceva no. "Mamma, non vuoi che imparo a leggere?", astuta la piccola! Vederla così decisa ad avere quel libro, mi aveva fatto venir voglia di offrirmi per comprarlo io, per lei, piccola adorabile sconosciuta. E alla fine, lampi e tuoni, la madre ha l'ardire di pronunciare codesta frase:

I LIBRI SONO INUTILI.

Sono diventata una statua per lo stupore. Sia per la frase da ignorante, sia per la rabbia furiosa contenuta in quelle parole.
Forse è un bene che mi sia bloccata, così le due hanno avuto il tempo di allontanarsi. Buon per lei, la madre, perchè la mia prima reazione è stata una terribile voglia di farle un regalo come il seguente:



Secoli di lotte per ottenere il diritto allo studio e poi BAM! una madre che dovrebbe spingere la figlia verso la cultura, la spinge verso il reparto biscotti. Cara signora, vorrei farle una domanda: e se sua figlia fosse stata una piccola Simone de Beauvoir?