sabato 19 maggio 2012

Sfogo del week-ed: donna al volante.

Sapete come si dice: donna al volante pericolo costante. Se la donna in questione è la sottoscritta ed è incazzata come un leone a cui hanno fregato l' antilope appena ottenuta, (o un ciccione a dieta che ha appena vinto l' estrazione di un abbonamento ad vitae di bomboloni al cioccolato) ci ha visto giusto. Ecco come riconoscermi.

Oggi gli somiglio paro paro, tranne per gli occhiali da sole che non porto.
I finestrini della piccola autovettura sono abbassati come se ci fossero quaranta gradi e se così fosse, vuol dire che tu col maglione stai per tirare l' ultimo respir fatale. Non trattenere il respiro, che oltre a non essere utile non ti serve. Suppongo... ma continuiamo l' analisi. La senti arrivare quattrocento metri prima, annunciata da chitarre elettriche e compagnia bella (del tipo che potete sentire qui e qui). In un attimo è già passata, rea di non saper il significato dei numeri o del non ricordare proprio che lì c'è un limite di velocità che va seguito e rispettato. Ma ciò che contraddistingue nella fattispecie del guidatore donna l' "io normale" dall' "io incazzata" è un' altra caratteristica: nonostante ascolti uno dei suoi cd preferiti a volume amorevolmente alto, sta muta e non canta un verso. Nemmeno una parola.
Le orecchie degli ascoltatori sono comunque grati di questa pausa canora.
Questo tuttavia è un sintomo pericoloso, perché nel giro di quindici minuti ho fregato il parcheggio ad uno che girava intorno da così tanto tempo da credere che questo fosse ancora il 1999, ho saltato il mio turno al banco dei salumi e alla cassa, ho sorpassato una tizia che all' apparenza sembrava temere che il suo volante intendesse mangiarle le mani e credo di averla spaventata a mò di un improvviso BUH! nel buio di una stanza solitaria. Torno a casa sbattendo le porte e sostenendo che sia necessario per l' allenamento delle mie facoltà telecinesi, con la chioma sparata in aria che Caparezza mi fa un baffo. Il tutto perché, nonostante ci siano quattro patentati in casa, al supermercato devo andarci sempre io, persino oggi che le mie chiappe avevano stretto una relazione seria a scopo matrimonio con il divano (il quale, risentito dal distacco, si è sentito abbandonato e mi ha mandato una diffida). Guardiamo da vicino gli attori su questo palcoscenico casereccio:
Il papi è assente giustificato: è a lavorare. Grande pà! (esclamazione priva di sarcasmo, ma solo questa; promesso.) 
La cara genitrice gioca la carta dei sensi di colpa: se non ci vai tu, nonna stasera non ha niente per cenare.
C'eri vicino, mà! Tanto così, poi... Ma piuttosto che esser causa della distruzione dell' idillio di cui sopra, dò a nonna la mia cena. Sono altruista, sì.
Il fratello: lui è il personaggio più spinoso, le cui traversie hanno radice nei primi anni della nostra comune vita, da quando volevo giocare con le sue macchinine perché la mia simil-Barbie era dal parrucchiere... come biasimarla, povera stella. Ma questa è altra storia e non è il luogo adatto per parlare dei maltrattamenti impuniti alle Barbie. Con il fratello, dicevo, c'è un rapporto amore-odio definito in un circolo vizioso, del tipo che mi chiedo "Ma questo c'ha davvero quattro-virgola-cinque anni più di me oppure quattro-virgola-cinque anni è la sua vera età?". Lui non si abbassa a certe volgari attività come fare la spesa, perché lui è un laureato in cerca di specializzazione, mica una diplomata che nemmeno frequenta l' università perché non sa che fare. Per minoranza di titoli, questo dovrebbe essere il fine della mia esistenza. Cioè, non conta che fossero le 18.45 di sabato, che io fossi in pigiama e con cinque ore di sonno, mentre lui era vestito, pettinato e sveglio come me dopo che ho sbattuto la testa contro uno stipo.
In conclusione, ho solo una domanda: sua maestà vuole anche il tappeto rosso o dico al cuoco di appropinquarsi alla preparazione della sua regale cena?
Che certe volte lo posso capire... Posso passar sopra le sue grida quando poteva usare un tono non dico amorevole, ma quantomeno civile e sereno. Posso ascoltare i suoi consigli non richiesti e superflui e non rispondere male. Posso fargli un favore senza pretendere nulla in cambio. Va bene anche se il presidente Monti mi da della sfigata; non me la prendo più di tanto. Ma prima o poi si arriva al capolinea e da lì non si torna più indietro.
Dì un po', sei una persona che rischia?

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